Firenze, più di 400 lavoratori dello stabilimento Gkn licenziati via mail. Gli operai: «Come manterremo le nostre famiglie?»
Licenziati dall’oggi al domani con una mail, senza possibilità di replica. E quello che è successo ieri 9 luglio a 422 operai dello stabilimento Gkn di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze. La multinazionale britannica è famosa per realizzare componenti destinate alle industrie del settore automobilistico e quello aerospaziale. In queste ore tutti i lavoratori si sono riuniti fuori dalla fabbrica: non possono accedere allo stabilimento che per il momento è presidiato da un gruppo di guardie giurate, come spiega un operaio al Corriere della Sera. «Ci siamo trovati come degli estranei dentro il nostro posto di lavoro», ha detto. Si sono presentati in pantaloni corti e maglietta, ieri era per tutti un giorno di ferie concesso dall’azienda, e adesso si intuisce il perché. L’assemblea permanente durerà fino a notte fonda, con sedie a sdraio per i lavoratori e la cena preparata dai volontari del circolo Arci Rinascita di Sesto Fiorentino. Le riunioni si tengono ogni due ore dentro il gigantesco capannone di 30 mila metri quadrati, tra una linea di montaggio e l’altra, tra giunti omocinetici e robot manipolatori.
La testimonianza
Marco Sassi ha 51 anni e da 27 lavora in Gkn come tornitore. Ha scoperto del licenziamento mentre ieri era al mare con la famiglia. «Ero sul lungomare di Cecina con mia moglie, stavo andando in spiaggia, all’improvviso sulla chat dei lavoratori ho letto che avrei perso il posto di lavoro nel giro di 48 ore», ha raccontato. Il primo pensiero è stato che potesse essere uno scherzo, «poi ho capito che era tutto vero. Allora ho lasciato mia moglie al mare e sono partito, mi sono precipitato in fabbrica». Nel viaggio verso Firenze, il pensiero alle due figlie all’Università. «Mi sono chiesto come farò a mantenere adesso la mia famiglia».
I sindacati: «Non ci arrenderemo»
Sono Dario Salvetti e Matteo Moretti, lavoratori e sindacalisti, a prendere per primi la parola durante le prime ore di assemblea. «Non lasceremo la nostra azienda – dicono, aiutandosi con un megafono – Se il signor Gkn vuole parlarci, deve venire a farlo di persona». Viene annunciato che la fabbrica resterà occupata: «Dovremo vigilare sul nostro stabilimento, da qui non dovrà uscire neppure una vite senza il nostro consenso». L’occupazione non può dirsi tale senza i giusti mezzi di sostentamento: servono bottiglie d’acqua, sacchi a pelo per la notte, generatori di corrente.
Nell’azienda non funziona più la rete wi-fi e gli impiegati amministrativi non riescono più ad accedere alla mail: «Ci hanno bloccato gli account – racconta Paolo, impiegato – Siamo diventati fantasmi nei nostri uffici. Nelle ultime ore mi hanno chiamato clienti come Maserati e Ferrari per capire cosa sta succedendo, neppure loro sapevano niente. Fino a ieri sera ero al telefono per discutere di investimenti da un milione di euro, adesso ci dicono che la fabbrica chiuderà per sempre».
Il precedente
Non è la prima volta che degli operai vengono licenziati utilizzando questo tipo di comunicazione unilaterale, e che lascia poco spazio a un confronto con l’azienda. L’episodio più recente risale a pochi giorni fa, il 6 luglio. 152 operai della Gianetti Ruote sono stati licenziati con un messaggio su Whatsapp. La Gianetti Fad Wheel, azienda di lavorazione metalli di Ceriano Laghetto (Monza), ha annunciato la chiusura dello stabilimento.
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