Il caso del carcere di Melfi, 12 detenuti denunciano i pestaggi. Ma le telecamere non registravano: i sospetti sull’insabbiamento
Un altro caso di violenze, ancora in carcere. Sempre nell’omertà degli agenti di polizia penitenziaria. É questa l’accusa mossa dall’associazione Antigone al carcere di Melfi, in provincia di Potenza. Secondo alcune testimonianze quasi 60 detenuti sarebbero stati picchiati dagli agenti il 17 marzo del 2020, prima di un trasferimento motivato da una rivolta. Come nel caso di Santa Maria Capua Vetere, anche qui il pestaggio sarebbe successivo a una rivolta. Pochi giorni prima infatti i detenuti avevano protestato contro la struttura per la mancata adozione delle misure contro il Coronavirus. Al momento le dinamiche del caso di Melfi non sono però chiare come quelle di Santa Maria Capua Vetere. La procure di Potenza infatti ha analizzato le testimonianze arrivate da 12 detenuti. Testimonianze ritenute insufficentei per procedere nelle indagini. La procura ha scelto di archiviare tutto. Dopo l’annuncio di questa decisione l’associazione per i diritti dei carcerati Antigone si è opposta all’archiviazione.
Le 12 denunce di pestaggi nel carcere di Melfi: le telecamere non registravano
Secondo le testimonianze arrivate fino a questo momento, diversi detenuti sarebbero stati portati dalle celle al piazzale della struttura, tutti legati con fascette da elettricista. Qui sarebbero stati picchiati da agenti con indosso un passamontagna. Calci, pugni, schiaffi ma anche spunti, insulti e colpi alle parti intime. I detenuti non hanno denunciato le percosse durante le visite prima del trasferimento. «Nessuno mi ha segnalato malori o di essere stato vittima di pestaggi, quindi non ho proceduto a un esame più approfondito. Farli denudare poteva essere inteso come atto umiliante o invasivo», ha spiegato il dottore del carcere Antonio Spelacchio. E poi le immagini. Dalle rilevazione fatte fino a questo momento le telecamere di sorveglianza interna non avevano un sistema di registrazione mentre quelle esterne e quelle della portineria non hanno fornito nessuna prova: alcune erano inservibili, altre avevano le memorie cancellate. I pm hanno scelto di non procedere con le indagini. Dopo la richiesta di opposizione all’archiviazione avanzata da Antigone si aspetta la decisione del Gip, il giudice per le indagini preliminari, che potrebbe decidere invece di approfondire il caso.
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