Maneskin, Damiano si scusa per aver usato un termine razzista in una cover di Kanye West
Dopo mesi di gloria, il frontman dei Maneskin è finito al centro di un vespaio di polemiche per via del significato (per sua ammissione ignorato) di una parola di un brano da lui interpretato. Il 16 giugno, durante uno dei concerti della band romana, Damiano David a Berlino ha cantato la cover di una canzone del rapper statunitente Kanye West, il brano Black skinhead, del 2013, senza censurare un termine dall’accezione razzista (cosa che avrebbe dovuto fare secondo molti fan americani). «Stop all that coon shit», si legge nel testo, dove la parola incriminata è coon, che in una sua accezione passata è dispregiativa e significa «negro». «Ho appena visto cos’è successo e voglio scusarmi profondamente per l’offesa che ho cantato nella canzone di Kanye qualche mese fa. Ho cambiato il resto del testo perché non volevo risultare offensivo», ha scritto Damiano in un tweet pubblicato in serata, spiegando di non conoscere il significato della parola. «Non avrei mai detto qualcosa del genere intenzionalmente. So che ciò che ho fatto è sbagliato e voglio scusarmi con tutti voi. Avrei dovuto informarmi meglio su ciò che stavo cantando. Ci scusiamo se abbiamo ferito o mancato di rispetto a qualcuno. Questa sarà una lezione per il futuro e faremo il nostro meglio per istruirci».
July 19, 2021
July 19, 2021
Intanto, dopo il prestigioso elogio del New York Times nei confronti della band romana, che ne ha celebrato la vittoria all’Eurovision Song Contest 2021, e il loro nome sulle classifiche Billboard, da oltreoceano arrivano anche le prima stroncature: a criticare la band è Stereogum, sito punto di riferimento per la scena rock e indie americana, che il 14 luglio ha definito la loro Beggin semplicemente «terribile». «Prego che la loro comparsa sia un caso isolato e che non ci sarà un revival di questo di tipo di hard rock terribile. Se è questa roba che deve prendere piede qui, è meglio che il rock sia morto», ha scritto senza fare sconti il critico Chris Deville.
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