I 49 milioni della Lega spariti definitivamente: l’inchiesta verso l’archiviazione
L’inchiesta della procura di Genova sui 49 milioni della Lega va verso l’archiviazione. Mentre quella sull’associazione Maroni Presidente finirà a Milano per competenza territoriale. Il fascicolo sui soldi che sarebbero finiti in Lussemburgo sembra ormai essersi definitivamente svuotato, anche perché i magistrati che indagano hanno trovato uno dei computer che cercavano nel Paese – e che avrebbe dovuto contenere le prove degli spostamenti di denaro – a Bergamo. E ormai formattato. Mentre nel capoluogo lombardo a breve approderà l’indagine sui soldi all’associazione di Maroni, sospettata di aver ricevuto parte del tesoro leghista attraverso la fatturazione di servizi per una campagna elettorale.
A raccontare dell’inchiesta sui 49 milioni della Lega verso l’archiviazione è oggi la Repubblica, che riporta anche una (mezza) smentita del procuratore capo facente funzioni di Genova Francesco Pinto, che indaga sul riciclaggio insieme a Paola Calleri. «Smentisco che sia stato compiuto alcun atto o che siano in programma passaggi imminenti. Nei giorni scorsi abbiamo incontrato i colleghi di Milano solo per definire eventuali questioni di competenza territoriale. Non ho altro da dire», fa sapere Pinto al quotidiano. Ma fonti investigative genovesi e milanesi spiegano che l’inchiesta è ormai arenata tra mille difficoltà. Era partita dalla filiale di Bolzano di Sparkasse. Dove sarebbero transitati i fondi finiti in Lussemburgo e poi rientrati in Italia.
Ma il computer cercato in Lussemburgo è stato ritrovato dagli inquirenti a Bergamo e ormai formattato. Il materiale raccolto all’epoca è stato però prezioso per avviare l’inchiesta su Lombardia Film Commission. E alla condanna in primo grado di Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. A Milano tornerà anche l’inchiesta sull’associazione Maroni Presidente, ovvero sui 450 mila euro arrivati all’ente per le elezioni regionali del 2013. E poi finiti all’azienda Boniardi Grafiche e da lì rientrati nei conti del partito. Stefano Galli, oggi assessore della giunta di Attilio Fontana in Lombardia e all’epoca presidente dell’associazione, resta indagato per riciclaggio.
La truffa elettorale di Bossi e Belsito
L’inchiesta sui 49 milioni della Lega nasce dalla truffa elettorale della Lega Nord di Umberto Bossi e Francesco Belsito. Che secondo le sentenze ottenne quei soldi come rimborsi elettorali senza averne diritto. Dopo l’esposto di uno dei revisori contabili del partito la procura di Genova nel 2018 aprì l’inchiesta. Nel 2020 le cinque querele di Matteo Salvini nei confronti dell’Espresso per le notizie pubblicate sulla vicenda sono state archiviate. Dopo la sentenza su Bossi e Belsito i giudici di Genova disposero la confisca diretta di quasi 49 milioni a carico del Carroccio, perché «somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna».
La Procura di Genova aveva poi chiesto e ottenuto, nel settembre 2017, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca della somma indicata. Ma le cifre effettivamente sequestrate ammontavano allora a poco più di 2 milioni e gli altri soldi erano spariti. Un accordo tra Procura di Genova e gli avvocati della Lega Nord, raggiunto nel settembre 2018, aveva disposto la restituzione a scaglioni della somma in rate da 100 mila euro a bimestre. Con un piano di pagamenti da 600mila euro l’anno, secondo alcuni calcoli la restituzione si compirà in 80 anni.
L’inchiesta sulle leghe regionali
Il Fatto Quotidiano invece racconta che la Procura di Milano punta sulla nascita della nuova Lega di Matteo Salvini. Sotto la lente ci sono gli interrogatori del commercialista Michele Scillieri e il progetto delle varie leghe regionali, che secondo le accuse avrebbero rappresentato i “rivoli” in cui sarebbero stati riversati i soldi della nuova Lega. E, in parte, ciò che restava dei 49 milioni. L’obiettivo di queste newco leghiste, come si leggeva in una email del tesoriere Giulio Centemero dell’epoca, era quello di evitare i sequestri di Genova.
Un altro filone da approfondire riguarda la figura dell’imprenditore bergamasco Marzio Carrara (non indagato), finito nel mirino per un’operazione di acquisto e vendita con una plusvalenza di circa 24 milioni di euro. Subito dopo l’operazione Carrara chiede un finanziamento da 65 milioni di euro alla Swiss Merchant Corporation, con la mediazione di Di Rubba e Scillieri: per quale motivo, se aveva tutta quella liquidità? Il sospetto della Procura è che i 24 milioni fossero una partita di giro e soprattutto non fossero tutti di Carrara.
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