Ritorno in classe, Miozzo durissimo: «I No vax restino a casa in Dad». Cartabellotta: «Ormai è tardi»
Manca poco più di un mese dalla riaperture delle scuole, ma ben poco sembra essere cambiato rispetto all’anno scorso sul profilo dell’organizzazione e dei protocolli per il rientro in sicurezza in classe. Il presidente Draghi ha assicurato che tutto sarà pronto «in tempo», anche perché l’idea di fondo del premier è che la Dad impoverisca la scuola. Ma il tempo stringe e un passo avanti è certamente stato fatto grazie alla vaccinazione dei docenti e del personale Ata, anche se circa il 15% del personale scolastico non ha risposto all’appello della vaccinazione anti-Covid, e le percentuali di studenti vaccinati sono ancora troppo basse, dato l’inizio postumo delle vaccinazioni rispetto ad altre fasce d’età. Come ripartire, dunque? Agostino Miozzo, ex coordinatore del Cts ed ex consulente del ministro della Scuola Patrizio Bianchi, sostiene «la posizione dei presidi circa l’obbligo vaccinale per il personale scolastico e – prosegue in un’intervista a La Stampa – dovremmo andare verso l’obbligo anche per gli studenti».
L’alternativa? «Il modello francese – prosegue Miozzo – per cui in Dad ci vanno solo coloro che non hanno fatto la vaccinazione». E cosa fare il personale scolastico che non intende sottoporsi a vaccinoprofilassi? Secondo l’ex membro del Cts «i pochi, percentualmente, che non si sono vaccinati potrebbero essere assegnati a servizi che non prevedono il contatto con gli studenti». Inoltre, «molto dipenderà dalle specifiche realtà scolastiche – prosegue Miozzo – dalle soluzioni adottate per risolvere il problema dell’affollamento delle aule, degli orari di ingresso, dell’organizzazione dei trasporti». Insomma, secondo Miozzo i problemi per la ripresa dell’anno scolastico in presenza non riguardano solo i ritardi nella copertura vaccinale nelle scuole, ma anche nella mancata implementazione del tracciamento e dei protocolli di sicurezza in aula, così come all’esterno degli istituti.
Cartabellotta: «La copertura vaccinale scolastica sarà raggiungibile solo a novembre»
E della stessa idea è anche Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, secondo cui «puntare tutto sulla vaccinazione per la riapertura delle scuole in presenza è rischioso e la probabilità di finire in Dad oggi è ancora medio – alta». «Facciamo due conti – prosegue Cartabellotta in un’intervista a Il Messaggero – in Italia ci sono 4 milioni e mezzo di giovani e giovanissimi in età scolastica e vaccinabili perché tra i 12 e 19 anni. Di questi, il 16% ha completato il ciclo, e il 17% ha fatto la prima dose. Significa che abbiamo due ragazzi su tre che non hanno fatto alcuna dose. Se a questo aggiungiamo che per la fascia under 12 non disponiamo di alcun vaccino e che manca all’appello dei vaccinati il 15% del personale scolastico, è evidente che ridurre la circolazione del virus nelle scuole passa inevitabilmente anche per altre misure», ossia trasporti, tracciamento e protocolli anti-contagio. Queste «sono criticità che non abbiamo né affrontato né risolto, sperando di poterci affidare solo al vaccino».
E rimanendo sul fronte del raggiungimento di una sufficiente copertura vaccinale, secondo il presidente di Gimbe «è tardi, a meno che, per stimolare un’adesione rapida e massiva e raggiungere una copertura di almeno il 60-65%, la struttura commissariale dai primi di agosto rivoluzioni il piano vaccinale rendendo prioritaria la vaccinazione dei giovani in età scolare». Un’operazione un po’ difficoltosa, secondo Cartabellotta, perché ormai «con le dosi già prenotate, l’entità delle consegne attuali e l’esitazione vaccinale dei genitori siamo quasi ai limiti dell’impossibilità. Realisticamente è un obiettivo raggiungibile per fine novembre».
Foto in copertina: ANSA/ANDREA FASANI
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