Vaccini, la conferma dell’Oms: la doppia dose di AstraZeneca è meno efficace del mix con Pfizer o Moderna
La risposta immunitaria che si ottiene con due dosi di vaccino AstraZeneca è minore rispetto a quella osservata con il mix di vaccini con la prima dose di Astrazeneca somministrata e la seconda a Rna e anche con due dosi di vaccino ad Rna. Mentre il regime eterologo non sembra avere la stessa efficacia se la prima dose è a Rna e la seconda con AstraZeneca. A renderlo noto l’Organizzazione mondiale della Sanità nelle nuove raccomandazioni sul vaccino anti-Covid di AstraZeneca. È bene però ricorrere al mix di vaccini, afferma l’Oms, solo in particolari situazioni di interruzione nelle forniture visto che gli studi sono stati effettuati su un campione limitato. L’Oms precisa che con il regime misto di vaccini si è anche osservata una maggiore, anche se accettabile, reattogenicità. «Anche se i dati al momento sono incoraggianti, serve cautela nell’interpretarli» – precisa nell’aggiornamento delle raccomandazioni – visto il campione limitato e la mancanza di follow up, specialmente sui dati relativi alla sicurezza. Al momento non ci infatti sono studi sull’efficacia del vaccino in regime eterologo. Più dati arriveranno a breve, così come nuove raccomandazioni» . Il regime eterologo con i due tipi di vaccino «è da considerarsi off-label e non ci sono attualmente dati per preferire il regime eterologo rispetto agli altri vaccini», conclude.
L’Oms conferma: «Plausibile nesso tra AstraZeneca e i casi di trombosi:»
Per quanto riguarda i casi di trombosi, l’Oms, nell’aggiornamento delle sue raccomandazioni sul vaccino sviluppato da AstraZeneca, ha anche precisato che è plausibile, anche se il meccanismo biologico alla base è ancora da chiarire, «la relazione causale tra la somministrazione del vaccino anti-Covid di AstraZeneca e una sindrome molto rara della coagulazione del sangue di trombosi e trombocitopenia, avvenuta tra i 3 e 30 giorni dopo la vaccinazione. Il rischio stimato è di 1 caso per 100 mila adulti vaccinati, con la maggior parte dei casi riportati nel Regno Unito e nell’Unione europea, mentre molto pochi ne sono stati segnalati fuori dall’Europa, nonostante l’uso estensivo del vaccino in questi Paesi». I dati disponibili dall’Europa e altri Paesi, come l’Australia, suggeriscono un rischio maggiore per i giovani rispetto agli anziani, mentre altri fattori di rischio non sono stati identificati. Per quanto riguarda invece i casi di sindrome di Guillan-Barrè riportati dopo questo vaccino, sono «molto rari», continua l’Oms, e «una reazione di causale non è stata confermata né stabilita. Servono maggiori studi per confermarla. Sulla base dei dati disponibili – conclude l’Oms – i potenziali benefici di questo vaccino continuano a superare ogni potenziale rischio di Guillan-Barré, soprattutto considerata la maggiore trasmissibilità della variante Delta».
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