Laila El Harim, i sospetti sul blocco «solo manuale» del macchinario che l’ha uccisa. C’è un indagato per la morte della 40enne
Non è stata una fatalità. La tragedia che ieri mattina presto, 3 agosto, ha colpito l’operaia Laila El Harim poteva essere evitata, come racconta al Corriere della Sera Massimo Tassinari, segretario del comparto Cgil che è subito intervenuto sul posto. Ora la Procura ha aperto un fascicolo – l’ipotesi di reato è di omicidio colposo – per capire la dinamica precisa dei fatti, e ha sequestrato la macchina da lavoro. Per la morte della 40enne c’è già un indagato. La procura di Modena, a quanto si apprende, avrebbe iscritto nel registro degli indagati il legale rappresentante dell’azienda stessa. Un’iscrizione che però sarebbe da considerarsi come atto dovuto per fare luce sull’accaduto. Le indagini sono state affidate ai carabinieri del Reparto Provinciale che collaborano con gli ispettori dell’ufficio del Lavoro della Asl. La donna è stata dilaniata dalle ferite provocate dalla fustellatrice dentro la quale è rimasta incastrata mentre lavorava nello stabilimento della Bombonette, azienda che produce scatole per gelati e pasticceria a Camposanto, 3.000 abitanti nella Bassa Modenese. Il macchinario si trovava in un’area lontana da quella dove invece lavoravano i colleghi – circa 70 – di Laila. Per questo motivo nessuno degli operai avrebbe assistito direttamente alla scena. C’è chi racconta di essere stato allertato dalle urla strazianti della donna; altri invece sostengono che la morte sia avvenuta in una manciata di secondi: un tempo troppo breve per poter chiedere aiuto ed essere sentita da qualcuno.
I dubbi sul macchinario
Quello che le indagini cercheranno di mettere è in luce è come sia stato possibile che la fustellatrice abbia ucciso Laila. Il macchinario è uno strumento sagomatore che taglia vari materiali con estrema precisione. Il doppio blocco automatico, si legge nella relazione presentata al ministro del Lavoro Andrea Orlando, «era azionabile solo manualmente e non automaticamente» e «ciò ha consentito un’operazione non sicura che ha cagionato la morte per schiacciamento». Secondo fonti interne la macchina sarebbe stata accesa in «modalità manutentiva» e non «lavorativa», come invece avrebbe dovuto essere: ciò significa che i sensori non potevano avviare lo stop automatico in caso di emergenza. Una serie di dettagli che, anziché essere riportate su documenti ufficiali, campeggiavano su alcuni post-it appiccicati all’apparecchiatura. Così la donna nel giro di poco è finita così sul vicino nastro trasportatore.
Ispettorato del lavoro e sindacati
L’Ispettorato nazionale del lavoro intanto ha deciso di avviare a sua volta un’ispezione per determinare le cause e le responsabilità dell’accaduto. Nessuna dichiarazione da parte dei titolari della Bombonette che hanno preferito non parlare. La Cgil Modena chiede che venga fatta piena luce sulla vicenda e sulle eventuali responsabilità. «Non è accettabile – dicono – che si possa perdere la vita per lavorare, non è pensabile che tutto questo accada, ancora oggi, quando gli infortuni sul lavoro possono e devono essere evitati».
Il compagno di Laila: «Le avevo chiesto di sposarmi»
Manuele Altiero è il compagno di Laila. Con lei quattro anni fa aveva avuto una bambina. «Le avevo chiesto di sposarmi, appena un mese e mezzo fa, ed eravamo felicissimi. Era un altro sogno che avremmo coronato insieme. Stasera, invece, rivedrò la nostra bambina, che era in vacanza con i nonni, a Gallipoli, e dovrò trovare le parole per spiegarle che la mamma non c’è più», ha raccontato a Il Giorno. Ieri mattina ha ricevuto la telefonata che gli ha sconvolto la vita. «Mi sono già rivolto ad un avvocato – spiega – perché pretendo di sapere la verità sulla morte della mia compagna. Avevamo ancora tantissime cose da fare insieme. Me l’hanno portata via. La cosa che mi fa più male – sottolinea il giovane – è che sia morta in modo così brutale e da sola».