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Dal Green pass dell’amico alle malattie immaginarie, tutti i trucchi dei furbetti per resistere all’obbligo

13 Agosto 2021 - 09:43 Giada Giorgi
Da otto giorni l'obbligo di pass sanitario per ristoranti, bar, cinema e palestre ha scatenato i più disparati tentativi di raggiro delle regole. Ecco una piccola rassegna

Da poco più di una settimana l’obbligo di Green pass regola l’entrata in tutti i bar, ristoranti, cinema e palestre del Paese. Un bel problema per la fronda scettica e no vax: a meno che non siano guariti dal virus negli ultimi sei mesi, sono costretti a un tampone ogni 48 ore o addirittura ad arrendersi al vaccino. Anche peggio sarà quando a settembre entreranno in vigore le ulteriori tappe previste dal governo per l’obbligo a scuola e sui trasporti. È così che fin dai primi momenti dall’annuncio dell’utilizzo di pass sanitario per tutti, che i contrari alla misura si sono interrogati sulle possibili vie di fuga dall’obbligo, consacrandosi ufficialmente alla polizia giudiziaria e all’opinione pubblica come i “furbetti del Green pass”. Dark web, foto su Wathsapp, malattie immaginarie, identità prese in prestito da parenti e amici, sono solo alcuni dei metodi finora escogitati per sfuggire alla Certificazione verde e ancora prima al vaccino.

Chi chiede in prestito l’identità

A.A.A amico con Carta verde cercasi. Uno dei modelli più frequenti degli ultimi giorni è quello del furbetto del Green pass in cerca di identità da farsi prestare. L’appello passa a rassegna amici e conoscenti per trovare qualcuno che tramite un semplice messaggio su WhatsApp condivida il proprio QR code. A quel punto il gioco è fatto: all’ingresso del locale si va con Certificazione verde di un altro ma apparentemente in regola. Il raggiro ha coinvolto diversi giovani a Torino nella fascia dai 15 ai 29 anni, o ancora diversi casi a Milano, tra cui quello di un ragazzo multato dalla polizia per aver usato un certificato non suo all’ingresso della palestra. Se fino a pochi giorni fa il pasticcio del governo sulla questione del controllo dei documenti da parte dei gestori aveva dato adito a iniziative simili, anche il chiarimento delle norme avvenuto da parte del Viminale non aiuta come dovrebbe ad evitare raggiri di false identità. Il gestore può controllare la corrispondenza tra nome e cognome sul pass e la persona in presenza solo per «palese incongruenze« come in caso di età anagrafiche ad occhio molto differenti. Un giovane 20enne non vaccinato con in prestito il pass di un altro 20enne vaccinato avrà chance di cavarsela, a meno di un controllo (random) effettuato da un pubblico ufficiale.

Quelli della (falsa) esenzione sanitaria

«Ho avuto il Covid e sono guarito, ho diritto all’esenzione», «ho la psoriasi e prendo i farmaci biologici per curarla, non posso fare il vaccino», «sono un sommozzatore, il rischio trombosi è alto, chiedo esenzione». La fantasia di chi sceglie fantomatici motivi di salute per fuggire al vaccino negli ultimi giorni ha invaso gli ambulatori dei medici di base, costretti ad arginare richieste di esenzione a dir poco assurde. In questo caso si tratta di furbetti che sperano di far leva sulla circolare del ministero della Salute, diffusa il 4 agosto scorso, su tutti i casi di esenzione al vaccino anti Covid. Dal rischio sindrome Guillain-Barré alle gravi reazioni allergiche, i motivi per cui poter evitare il Green pass sono altri rispetto a psoriasi o vita da sommozzatore. Ad agire sul controllo delle richieste improbabili i medici di famiglia, chiamati a individuare tutti i tentativi di raggiro fatti attraverso il canale sanitario.

Quelli di Telegram e del dark web

Li abbiamo chiamati “furbetti ma neanche poi così tanto“: il loro tentativo è stato quello di acquistare una Certificazione falsa online per ingannare le autorità rimanendo a loro volta ingannati. Dopo il pagamento di centinaia di euro ad un perfetto sconosciuto per un pass falso, oltre a non averlo ottenuto, si ritrovano a dover far fronte a un vero e proprio ricatto. Le strade diventano due: sborsare altri soldi al truffatore o vedersi pubblicati i propri dati sensibili, quelli che gli stessi furbetti hanno condiviso con il venditore per ottenere la Carta verde falsa. «Ciao, ti spiego brevemente come funziona: attraverso i dati che ci fornisci (nome e cognome, residenza, codice fiscale e data di nascita) una dottoressa nostra collaboratrice compila un certificato vaccinale e (quindi sì, risulti realmente vaccinato per lo Stato) e da lì il Green pass».

La spiegazione data dai truffatori su Telegram ha convinto centinaia di furbetti rimasti però a bocca asciutta. La piattaforma social è diventata teatro di moltissime azioni illegali di questo tipo che gli investigatori del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni di Roma, Milano e Bari hanno individuato sequestrando più di 30 canali Telegram dedicati alla vendita (falsa) di (falsi) Green pass, con migliaia di iscritti interessati. La strada del raggiro tramite dark web è stata tra le più gettonate per i vaccini prima e per la Carta verde ora. La Polizia ha ricordato però che sarà difficile poter sfuggire ai controlli dell’app VerificaC19 di cui ogni gestore e proprietario è dotato: «Le certificazioni vengono prodotte digitalmente con una chiave privata del ministero della Salute che ne assicura l’autenticità. Di conseguenza un Qr Code generato con una certificazione non autentica non supererebbe la procedura di verifica».

La scusa del documento dimenticato

«Fare i controlli è inutile, sai quanti ne ho visti che si scambiano il Green pass? Ti dicono che il documento ce l’hanno in macchina o che se lo sono dimenticato, noi qui dobbiamo lavorare mica possiamo metterci a fare i controllori». Il racconto di un esercente della movida romana nelle ultime ore ha sintetizzato in modo efficace la gran confusione relativa a controlli di identità e documenti. Senza tentativi di acquisti falsi o di esenzioni improbabili, la strada scelta dai “furbetti” più pigri è quella di approfittare della confusione da assembramento e movida, spesso e volentieri tenendo a mente la lista dei locali con i gestori notoriamente più “clementi”.

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