Zahra Ahmadi a Fiumicino dopo la fuga da Kabul. Il fratello: «Ringrazio lo Stato, ma non c’è solo lei»
Tra i 203 cittadini afghani partiti ieri da Kabul a bordo del C-130 dell’Aeronautica c’era anche Zahra Ahmadi, l’imprenditrice e attivista 32enne rimasta nella capitale del Paese durante la presa dei talebani. La donna, che gestiva nel Paese due ristoranti, si era dovuta nascondere con delle amiche dopo aver manifestato contro il nuovo governo. Prima di atterrare a Fiumicino, Ahmadi ha fatto scalo in Kuwait insieme ad alcuni collaboratori e familiari, per poi imbarcarsi verso la Capitale nell’ambito del ponte aereo organizzato dalla Difesa. Ad attenderla all’aeroporto “Leonardo Da Vinci” il fratello Hamed, anche lui ristoratore ma a Venezia, e promotore dell’appello che ha fatto scattare il meccanismo diplomatico in grado di liberare la sorella. Ora Zahra, al pari degli altri 202 passeggeri, dovrà rispettare la quarantena anti Covid.
Le parole del fratello di Zahra
Come migliaia di altre persone anche Zahra si era precipitata presso lo scalo di Kabul nel tentativo di salire su un volo e lasciare il Paese. Da quel momento le parole e gli appelli del fratello hanno scosso l’opinione pubblica. «Da una parte sono felice, dall’altro sono triste», afferma Hamed, «perché Zahra è una sola e, così come lei, ci sono 16 milioni di donne. Se poi aggiungiamo anche i bambini, il numero raddoppia. C’è una totale disperazione in Afghanistan», sottolinea l’uomo, giunto in aeroporto per salutare «almeno virtualmente» la sorella. «Oltre a donne e bambini ci sono tanti altri uomini che soffrono. Questo giorno, che coincide con l’arrivo di mia sorella, dovrebbe essere un giorno speciale per me, ma non è così: una parte di me sta ballando, l’altra è in lutto», dice con voce emozionata. «Sono molto felice», conclude l’uomo, «ringrazio il Governo italiano per me e il ministro Guerini e lo staff italiano lì a Kabul, ma non c’è solo Zahra: abbiamo il dovere di aiutare anche gli altri».