La storia di Nilofar Bayat, cestista in carrozzina accolta in Spagna dopo la fuga dall’Afghanistan: «Lì nessun futuro»
Nilofar Bayat è arrivata domenica scorsa a Madrid insieme al marito, con un volo proveniente da Kabul. È una cestista in carrozzina, capitana della nazionale femminile di pallacanestro, fuggita dal suo Paese, l’Afghanistan, dopo la presa talebana. La sua storia è simile a quella di tanti suoi connazionali, che hanno subito sul loro corpo le conseguenze della guerra. E che ricominceranno una nuova esistenza in un altro posto, col pensiero rivolto all’Afghanistan. Dove la stessa Bayat teme che i talebani «distruggeranno le conquiste fatte in 20 anni».
Il razzo sparato dai talebani che le costò l’uso delle gambe
Aveva solo due anni quando un razzo sparato dalle milizie talebane colpì la casa dove viveva con la sua famiglia. Quel giorno Bayat perse il fratello e da quel momento a causa delle ferite riportate alla colonna vertebrale rimase su una sedie a rotelle. «I talebani sono arrivati e hanno cambiato la mia vita e quella di mio marito (anche lui ferito da piccolo da una mina n.d.r.)», ha spiegato l’atleta paralimpica all’agenzia Reuters. «Hanno portato un dolore inarrestabile nelle nostre vite, una disabilità permanente che dobbiamo accettare», afferma. Proprio con il marito Ramesh Naik Zai, 27 anni, e altri 100 altri rifugiati, Bayat è riuscita a lasciare il Paese. Ricomincerà una nuova vita in Spagna, a Bilbao, nel cuore dei Paesi Baschi. Grazie all’impegno della federazione di pallacanestro e del governo spagnoli, l’atleta ha ottenuto anche i permessi necessari per giocare nella Bidaideak Bilbao Bsr, squadra locale di basket in carrozzina.
«I talebani distruggeranno tutte le conquiste degli ultimi 20 anni»
«All’aeroporto di Kabul ho visto quanto sono pericolosi i talebani. Li ho visti sparare e picchiare. Piangevo. Mio marito mi ha detto di essere forte, che non mi avrebbe mai lasciato sola», racconta Bayat ripercorrendo i momenti prima di imbarcarsi. Già prima dell’escalation nel Paese, la cestista si era schierata apertamente contro i talebani sotto la presidenza di Hamid Karzai. Nel corso degli anni, la 28enne ha partecipato a battaglie per l’affermazione dei diritti civili e studiava legge per diventare avvocata. Adesso teme che questo percorso di coscienza civile non sarà più possibile in Afghanistan. «Quando ho visto i talebani ho detto a mio marito che volevo lasciare il Paese perché non posso vivere con quelle persone. Distruggeranno tutti i desideri e le conquiste degli ultimi 20 anni» è la grande paura di Bayat, certa che il ruolo della donna subirà una pesantissima involuzione: «Essere una donna nel regime talebano non significa nulla, non fai parte della società per loro». Per l’arrivo della cestista e di suo marito in Spagna, è stata decisiva la catena di solidarietà fatta partire da un giornalista iberico e che ha portato le loro disperate richieste d’aiuto all’attenzione delle autorità. «Voglio ringraziare tutte le bellissime persone che mi hanno offerto il loro sostegno per arrivare sin qui».
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