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Afghanistan, la musica è finita: blitz dei talebani nelle stazioni radiofoniche

27 Agosto 2021 - 09:00 Redazione
Mujahid, portavoce dei miliziani, ha ribadito al "New York Times": «Non ci sarà democrazia»

La restaurazione jihadista dell’Afghanistan prosegue. L’arte, i diritti civili, la democrazia sono già lontani ricordi per chi non è riuscito a scappare dall’aeroporto di Kabul. E il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid – appena promosso a ministro dell’Informazione – inizia a smantellare le deroghe alla sharia rigida che, in un primo momento, i talebani avevano ventilato. Le ragazze andranno a scuola, ma in «classi separate e soltanto quando è possibile» afferma in un’intervista al New York Times. La musica è «vietata dall’Islam»: trasmissioni radiofoniche chiuse e programmi televisivi senza sigle. Mujhaid cambia il modo di comunicare. Adesso parla alla stampa internazionale attraverso conferenze stampa ufficiali e con la popolazione locale sui social. L’ideologia talebana resta la stessa. «Non ci sarà democrazia», ribadisce, e l’Emirato sarà retto soltanto dalle legge islamica, la sharia, in una delle sue interpretazioni più dure: gli studenti in barba e turbante sono allievi del predicatore indo-pachistano Abu al-Ala Maudadi.

Dunque, la «musica è proibita», ma non ci saranno, almeno ufficialmente, punizioni corporali per chi continuerà ad ascoltare i propri cantanti preferiti: «Spero che riusciremo a persuadere le persone a non fare cose del genere, invece di fare pressione su di loro». Ma i blitz nelle redazioni radio sono già avvenuti, con alcuni esponenti del mondo artistico afgano uccisi dalla furia jihadista. I talebani non agiscono seguendo una gerarchia piramidale rigida, piuttosto sono composti da gruppi che si muovono spesso come cani sciolti. E così, per spiegare come mai è «sconsigliato» il lavoro per le donne, Mujahid afferma: «Le nostre forze non sono ben addestrate da questo punto di vista e potrebbero maltrattarle. Meglio che le donne restino in casa», per adesso.

Tuttavia Paolo Luigi Branca, docente di lingua e letteratura araba alla Cattolica di Milano, spiega alla Stampa: «Le fonti della legge islamica sono il Corano e la Sunna, cioè i detti del profeta Maometto. Il Corano ha poche centinaia di versetti giuridici, mentre la Sunna nei primi due secoli d’Islam è stata ritenuta la fonte principale. Il Corano non parla mai di musica. Nella Sunna, nell’interpretazione di alcuni detti del profeta è prevalso che la musica ecciti, come vino e alcol. Dunque induce al peccato. Ciò contrasta con alcuni episodi della vita del profeta», afferma. Secondo il docente, non saranno vietati tutti i tipi di musica: magari gli inni a Maometto e le canzoni religiose senza l’uso di strumenti non dovrebbero essere vietate. «L’uso degli strumenti – conclude Barca – come percussioni e soprattutto fiati e archi, viene considerato una cosa diabolica».

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