Joe Biden e l’Afghanistan: tutti gli errori di un presidente troppo solo al comando
«Non dimenticheremo, non perdoneremo. Vi daremo la caccia e ve la faremo pagare»: Joe Biden, presidente degli Stati Uniti si è presentato in tv per rispondere agli attentati all’aeroporto di Kabul rivendicati da Isis-k. Ma a finire sotto accusa oggi è proprio lui. Il fronte interno è quello dei repubblicani, che ieri con il leader alla Camera Kevin McKarthy hanno chiesto che il congresso venga riconvocato per votare una legge che proibisca il ritiro finché tutti gli americani non avranno lasciato l’Afghanistan. Ma anche politologi e diplomatici puntano il dito sull’inquilino della Casa Bianca.
Gli sbagli di Joe Biden in Afghanistan
Ian Bremmer, politologo e fondatore del Centro Studi Eurasia Group, dice oggi al Corriere della Sera che ora Biden avrà un grosso problema: «L’errore più grande è stato lasciare la base aerea di Bagram a luglio: per evacuare tutte queste persone serviva un’area nella quale poter controllare la sicurezza, e non è il caso dell’aeroporto di Kabul. Poi ci sono stati tanti altri errori: mancanza di pianificazione, informazioni errate, unilateralismo, una confusa strategia di comunicazione. Il fallimento della guerra non è colpa di Biden, i suoi predecessori hanno una responsabilità maggiore, ma dato che è lui che sta gestendo così male questa evacuazione e lo sta facendo da solo, invece di farlo con gli alleati, questo sarà un grosso problema per lui». Secondo Bremmer gli americani «evidentemente pensavano che il governo afghano sarebbe rimasto in piedi e che la Difesa afghana avrebbe combattuto. Quando hanno lasciato Bagram, l’intelligence parlava di un governo che sarebbe durato due o tre anni. Ora, se l’intelligence dice questo, ma ammette che potrebbe essere molto peggio, e però tutti sanno che Biden vuole andarsene a ogni costo, è plausibile che le persone che lo consigliano possano aver edulcorato i rapporti. O semplicemente è stato lui a non voler ascoltare. Certo ora ci saranno molte dita puntate».
Kissinger: perché gli Usa hanno fallito in Afghanistan
In un intervento pubblicato due giorni fa sull’Economist l’ex diplomatico Henry Kissinger analizzava gli errori degli Stati Uniti in Afghanistan partendo dai problemi di politica interna generati dalla guerra: «Con il passar del tempo, l’operazione Afghanistan ha assunto progressivamente i connotati delle precedenti campagne di contrasto alla guerriglia, durante le quali il sostegno dell’opinione pubblica americana è andata via via affievolendosi. La distruzione delle basi talebane era stata essenzialmente terminata. Ma la costruzione di una nazione, in un Paese dilaniato dalla guerra, ha richiesto un ingente spiegamento di mezzi militari. I talebani sono stati tenuti sotto controllo, ma non eliminati. L’introduzione di forme di governo inconsuete, d’altro canto, ha indebolito l’impegno politico e incoraggiato la corruzione già dilagante. Si può pertanto affermare che l’Afghanistan ha ricalcato i precedenti modelli delle polemiche americane interne. Quello che i fautori della lotta ai ribelli definivano come progresso, veniva classificato come disastro dall’ala politica opposta nel dibattito. I due gruppi si sono paralizzati a vicenda durante i successivi governi, nell’uno e nell’altro schieramento politico».
Ma secondo Kissinger «l’America non può sottrarsi al suo ruolo di attore chiave nell’ordinamento internazionale, sia per le sue capacità che per i suoi valori storici. Non può rinnegarli, semplicemente ritirandosi dall’Afghanistan. Il governo Biden è agli esordi. Avrà sicuramente l’occasione di sviluppare e sostenere una strategia comprensiva, compatibile con le esigenze interne ed internazionali. Le democrazie si evolvono nello scontro tra le varie fazioni e siglano il loro successo con la riconciliazione».
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