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Dalle ferite in Afghanistan al bronzo paralimpico: la storia di Monica Contrafatto dietro il trionfo a Tokyo 2020

04 Settembre 2021 - 16:03 Redazione
La sprinter azzurra dedica la sua vittoria all'Afghanistan, Paese in cui perse una gamba dopo un attacco alla base in cui era stanziata

La storia di Monica Graziana Contrafatto è di quelle che vanno oltre la dimensione sportiva. L’atleta ha conquistato una medaglia di bronzo eccezionale, completando il podio dei 100 metri femminili alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 insieme alle compagne Ambra Sabatini e Martina Lombardo. Subito dopo il successo ottenuto la sprinter ha rivolto una dedica speciale all’Afghanistan, Paese dove ha prestato servizio nel 2012 come caporal maggiore dei bersaglieri. «Io voglio dedicare la mia medaglia a quell’altro Paese che mi ha tolto qualcosa ma in realtà mi ha dato tanto, l’Afghanistan», ha detto Contrafatto, originaria di Gela.

Il 24 marzo di quell’anno, proprio durante il suo operato a Farah, nel Sud-Est del Paese, Contrafatto fu vittima di un’esplosione generata da una bomba contro la Forward Operative Base, dove era stanziata. I tre colpi di mortaio provocarono la morte del sergente Michele Silvestri e cinque feriti, di cui due gravi, tra i quali anche Contrafatto. La donna venne colpita a una gamba dalle schegge di una bomba che le provocarono danni anche all’arteria femorale, all’intestino e a una mano. Le venne poi amputata la gamba destra. Da quel momento ha cominciato a trascorrere in pedana quanto più tempo possibile per allenarsi e gareggiare in vista degli appuntamenti più importanti come le Paralimpiadi.

Si allena a Rieti, dove è tesserata con la società Studentesca Milardi. Sopravvissuta all’incidente, Contrafatto è stata la prima donna soldato a ricevere una decorazione ufficiale: il 10 aprile 2013 ha ricevuto la Croce d’Onore alle vittime di atti di terrorismo o di atti ostili impegnate in operazioni militari e civili all’estero; mentre il 4 maggio del 2015 è stata insignita con cerimonia solenne della Medaglia al valore dell’esercito per «il comportamento tenuto durante un attacco subito da forze avverse».

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