Cosa dice lo studio americano su vaccini a mRna e gli eventi avversi entro 21 giorni: l’analisi su 10 milioni di vaccinati
L’ampia analisi condotta da un team di ricercatori americani, rileva su 6,2 milioni di persone che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino a mRNA, che l’associazione entro 21 giorni dalla somministrazione con gravi eventi avversi, non supera significativamente segnalazioni simili avvenute tra 22 e 42 giorni. Dal momento che col passare del tempo aumenta la probabilità che altri fattori spieghino le cause, questi risultati potrebbero indicare, che per buona parte dei casi segnalati non vi sia un collegamento causale coi vaccini contro il nuovo Coronavirus, come quelli di Pfizer e Moderna. Non di meno, saranno necessari ulteriori studi prima di avere un quadro più chiaro.
Come è stata svolta la ricerca
Da quando sono emerse le prime correlazioni tra vaccini a mRNA e segnalazioni di eventi avversi come la miocardite, diversi gruppi di ricerca sono impegnati nel comprendere se questi casi sono effettivamente associati causalmente all’inoculazione. Come accennato, un modo per far luce sulla questione è quello di confrontare le segnalazioni fino a 21 giorni dalla somministrazione, con quelle registrate tra 22 e 42 giorni.
Lo studio americano si focalizza in totale su 23 eventi avversi, partendo da una base di oltre 10 milioni di persone divisi in otto piani vaccinali in corso negli Stati Uniti. In entrambi i gruppi i soggetti avevano ricevuto almeno una dose di vaccino, tra il 14 dicembre 2020 e il 26 giugno 2021. I ricercatori si sono avvalsi della collaborazione dei CDC americani, della FDA e di altri enti federali, compreso il Dipartimento degli affari dei veterani.
Gli eventi avversi presi in considerazione sono quelli registrati dal Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS), che ricordiamo, non verifica la causalità delle segnalazioni ricevute. In tutto i ricercatori hanno monitorato 11,8 milioni di dosi, somministrate a una popolazione piuttosto diversificata. Qualche evidenza di una possibile associazione tra miocardite e pericardite è stata osservata negli adulti più giovani. Non di meno, l’incidenza in generale non supera significativamente quella riscontrata a distanza di 22-42 giorni.
«L’incidenza di esiti gravi selezionati non era significativamente più alta da 1 a 21 giorni dopo la vaccinazione rispetto ai 22-42 giorni dopo la vaccinazione per nessuno degli stessi – continuano i ricercatori – Pertanto, il gruppo di confronto per ciascun evento di esito era simile nelle caratteristiche demografiche al caso ed era in follow-up lo stesso giorno nello stesso sito, evitando distorsioni che possono derivare da variazioni nell’uso dell’assistenza sanitaria durante la pandemia, nonché variazioni giornaliere (per es. da domenica a lunedì)».
«Le analisi di tutte le età combinate non hanno rilevato un’associazione significativa tra miocardite/pericardite e vaccini mRNA […] Un raggruppamento significativo entro la prima settimana dopo la vaccinazione, specialmente dopo la seconda dose, fornisce ulteriori prove di un’associazione tra vaccini mRNA e miocardite/pericardite in individui più giovani».
I limiti dello studio
Questa ricerca, per quanto coinvolga un ampio numero di persone, fornisce risultati preliminari. Saranno necessarie ulteriori verifiche. Il potere statistico è stato limitato da diversi fattori, specialmente quando si aveva a che fare con risultati poco frequenti. Non sono da escludere variabili che non vengono contemplate nella ricerca, come precedenti vaccinazioni di altro tipo.
Dopo i 21 giorni c’è anche il rischio che determinati eventi avversi siano stati sottostimati e quindi non rientrano nelle segnalazioni. Al solito, questo genere di studi non può prevedere i rischi a lungo termine della vaccinazione. Infine, lo studio ha preso in esame i casi seguiti dai medici, cosa che può aver tenuto fuori dai radar diversi eventi avversi, come l’anafilassi, se per esempio le cure fossero state somministrate in contesti alternativi.
Foto di copertina: qimono | Vaccini a mRNA.
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