Marcell Jacobs: «Non volevo correre la finale dei 100 metri, la mia psicologa mi ha convinto»
In una lunga intervista rilasciata per 7, il settimanale del Corriere della Sera, oggi Marcell Jacobs ripercorre porta indietro l’orologio e parte con i ricordi da quando ha aperto gli occhi il primo di agosto fino alle ore successive alla finale dei 100 metri in cui ha portato a casa la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo 2020. «Quella mattina mi sono svegliato alle 5 e 40, io e il fuso orario di Tokyo non siamo mai andati d’accordo. La gara era alla sera e le mie storiche parole al risveglio furono: “Mo’ che cavolo faccio tutto il giorno?” Telefono a Nicoletta, la mia psicologa. “Marcell, se sei già sveglio, rimani sveglio: accetta ciò che non puoi cambiare”. La faceva facile, lei. Apro il computer per rilassarmi e vedo la prima pagina della Gazzetta. C’è una mia foto gigantesca: “L’uomo dei sogni”. Mi agito ancora di più».
Dopo aver conquistato l’accesso alla finale, Jacobs dice al suo allenatore che non ha intenzione di correre in finale: «io sono morto, non corro più. Mi sento le gambe di pietra. Ho dato tutto, l’obiettivo è raggiunto, basta così». Ma poi una nuova telefonata con Nicoletta, venti minuti di respirazione attraverso lo smartphone ed eccolo nel tunnel con gli altri centometristi: «Prima della gara si scrutano tutti in cagnesco, tipo boxeur, io invece do il cinque a tutti. Mi guardano come se fossi un coglione…». Il racconto continua con gli attimi prima e quelli immediatamente successivi alla gara, la telefonata del premier Mario Draghi con la sua espressione indimenticabile, l’esplosione di gioia in Giappone e in Italia.
La “psicologa” che viene citata da Jacobs nell’intervista è in realtà una mental coach e si chiama Nicoletta Romanazzi e nel maggio scorso raccontava come era cominciato il lavoro insieme a Jacobs e a quali risultati aveva portato. Quando Marcell le fu presentato, le venne descritto come «un ragazzo con un grande potenziale che non riusciva ad esprimere in gara». Timido, del quale sarebbe stato complicato conquistarsi la fiducia, dal momento che «riesce a entrare in sintonia con poche persone». «L’ho incontrato insieme al suo coach Paolo Camossi. Abbiamo chiacchierato e ci siamo trovati subito. Quel giorno stesso ho capito che avremmo potuto fare grandi cose insieme, gliel’ho promesso, gliel’ho visto addosso quel record italiano e anche di più. Ad un patto: che si fosse impegnato. E lui l’ha fatto, mettendosi in gioco poco per volta ma completamente. Abbiamo cominciato a settembre scorso, ponendo sul piatto vita personale e professionale. Abbiamo tagliato quell’elastico in vita che avevo percepito vedendo la sua gara al Golden Gala di Roma e che non gli dava la possibilità di esprimersi per chi era».
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