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Amra, la donna senza fissa dimora costretta a partorire in carcere a Rebibbia

11 Settembre 2021 - 09:03 Redazione
Finita in cella per il furto di 40 euro, una 23enne di origine bosniaca ha dato alla luce la sua quarta figlia dietro le sbarre. La ministra Cartabia avvia un'indagine

Non un medico, non un ostetrico ad assistere Amra durante il travaglio. Solo la compagna di cella ad assistere la 23enne durante il suo quarto parto, avvenuto nella casa circondariale di Rebibbia, Roma, lo scorso 18 agosto. «Sono stata brava», ha esultato l’amica dopo che la donna di origini bosniaca ha dato alla luce la bimba. La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha deciso di inviare gli ispettori nel carcere per capire come mai ad Amra non è stato consentito di concludere la gravidanza in un ambiente sicuro. Eppure, che fosse prossima al parto, lo sapevano tutti: la 23enne era stata ricoverata poco tempo prima al Pertini per un’emorragia. Nonostante fosse madre di tre figli – uno, di nove mesi, che non ha terminato l’allattamento -, e nonostante l’avvocato Valerio Vitale avesse avvisato le autorità giudiziarie – certificati medici alla mano – del rischio di aborto, si è scelto di non trasferire la donna.

Anche dalla garante dei detenuti del Lazio, Gabriella Stramaccioni, era arrivato l’allarme: quattro giorni prima dell’emorragia, il 14 agosto, aveva visitato l’infermeria di Rebibbia: «In quel momento erano ricoverate 14 donne, anche psichiatriche, in condizioni terribili: molte urlavano, una sbatteva la testa al muro», ha scritto al tribunale. Poi, il primo settembre, Amra ha partorito. «Una vicenda simile non mi era mai capitata. Si è trattato pur sempre di un tentato furto e non posso credere che vi erano esigenze cautelari di “eccezionale rilevanza”, tali da non poter essere soddisfatte con misure non detentive. A nulla è valso anche il mio tentativo di sensibilizzare il tribunale», ha detto a Repubblica l’avvocato Vitale. Il 3 settembre, il legale è riuscito a ottenere il patteggiamento a 1 anno e 4 mesi, fuori dal carcere ma con obbligo di firma alle forze dell’ordine di Pomezia.

Non farà ritorno nella roulotte parcheggiata nella campagne di Ciampino, dove viveva di stenti e tanti, troppi furti. Amra, con sue tre amiche – di cui due incinte come lei -, è stata arrestata in seguito all’ennesimo borseggio a bordo di un tram: aveva rubato il portafoglio di un passeggero con all’interno 40 euro. Nonostante fossero «in avanzato stato di gravidanza», aveva detto la giudice Isabella Russi, le tre donne dovevano essere accompagnate in carcere, poiché era reale il pericolo che tornassero a delinquere, non lavorando e non avendo una dimora stabile. E «il fatto che le arrestate abbiano figli minori e tre di esse siano in stato interessante» non impediva «l’applicazione della misura di maggior rigore».

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