L’altra zia di Eitan Biran: «Il nonno che lo ha rapito è stato condannato per maltrattamenti»
Shmuel Peleg, il nonno di Eitan Biran che ieri lo ha rapito e portato in Israele su un aereo privato, è stato condannato per maltrattamenti nei confronti dell’ex moglie. A dirlo è la zia paterna e tutrice legale del bambino Aya Biran-Nirko in una serie di dichiarazioni rilasciate davanti casa a Pavia con a fianco i suoi legali, tra cui l’avvocato Armando Simbari. La donna sostiene di aver subito in questi mesi diffamazioni da parte della famiglia della madre del piccolo. «Il nonno materno è stato condannato per maltrattamenti in famiglia nei confronti della sua ex moglie, la nonna materna, e tutti i suoi appelli sono stati respinti in 3 gradi di giudizio», ha continuato. «Chiedo anche alle autorità israeliana di guardare in profondità nelle cartelle cliniche pubbliche e non private per scoprire la verità sullo stato di salute mentale e fisico della zia materna, di guardare le pregresse gravi condanne nei confronti del marito attuale della nonna materna. Con questi presupposti è impossibile che l’autorità israeliana possa prendere in considerazione le richieste di adozione o affidamento avanzate dalla famiglia materna», ha concluso.
Aya Biran ha poi spiegato che Eitan «ora è seguito da un fisiatra e da uno psicoterapeuta e questi trattamenti devono continuare in modo regolare, vanno garantiti, in settimana ci sono due visite programmate per lui, una Pavia e una Torino». Il bambino «è stato iscritto alla scuola dai suoi genitori, a gennaio 2020, nello stesso istituto in cui ha frequentato l’ultimo anno della scuola materna. La maggior parte della sua sezione della prima è composta dai suoi compagni della scuola materna. Pavia è la sua città di vita. Le sue cugine che lo aspettavano per cena e per condividere con lui la giornata sono preoccupate, non capiscono perché Eitan non sia tornato a casa», ha concluso. Gali Peleg, la zia materna di Eitan, in un intervento andato in onda su una radio israeliana stamattina aveva detto che la sua famiglia aveva agito per il bene del piccolo.
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