Caso Palamara, il Csm sospende i magistrati che parteciparono alle riunioni notturne in hotel sulle procure
Si è riunita oggi la camera di consiglio dei giudici disciplinari – durata 10 ore – per il processo ai cinque ex consiglieri del Csm che il 9 maggio del 2019 presero parte alla riunione all’hotel Champagne con Luca Palamara e i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri. L’incontro al centro del dibattimento avrebbe dovuto delineare la nomina a procuratore di Roma. Per gli ex togati la procura generale della Cassazione aveva chiesto la sospensione. I legali, invece, hanno chiesto il proscioglimento dei loro assistiti. Ora, la sezione disciplinare del Csm ha condannato alla sospensione dalle funzioni e dallo stipendio tutti i cinque ex consiglieri. Nello specifico, Luigi Spina, Antonio Lepre e Gianluigi Morlini sono stati condannati alla sospensione per un anno e 6 mesi, Corrado Criscuoli e Paolo Cartoni per 9 mesi. Se la sospensione venisse confermata dalla Cassazione, durante la sua durata verrebbe comunque corrisposto un assegno alimentare.
La versione di Criscuoli
Durante il dibattimento, il difensore di Criscuoli, Mario Serio, ha sostenuto «l’assoluta estraneità» del suo assistito. «Non ha partecipato ad accordi», ha riferito il legale, «non ha tradito la propria funzione e nulla prova che facesse parte di una conventicola che trattava affari riservati. Secondo il difensore, Criscuoli «si è trovato nel vortice delle ambizioni incontrollate di due potenti esponenti della magistratura associata, quelle di Palamara e Ferri». Stando alla versione dell’avvocato, l’ex magistrato si ritrovò all’incontro in hotel perché «accalappiato» da Ferri, che gli rivolse un «invito strumentale» a cena per poi avvisarlo qualche minuto prima della riunione con Palamara e gli altri. Una volta incontrato il gruppo, Criscuoli si «limitò ad ascoltare» e «la sua fu una partecipazione silente e inattiva», come sostenuto da Serio. Che ha perciò chiesto l’assoluzione per il cliente, evidenziando che privare il tribunale di Palermo di uno dei suoi «giudici più stimati» sarebbe una «tragedia». Criscuoli, infatti, aveva emesso la sentenza del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido nel 1996 da alcuni esponenti di Cosa Nostra come atto intimidatorio nei confronti del padre collaboratore di giustizia.
Le parole di Spina
Per la prima volta ha parlato anche l’ex consigliere del Csm Luigi Spina. Ieri l’ex magistrato ha negato di aver fatto «il doppio gioco» a sostegno del procuratore generale di Firenze Marcello Viola con i colleghi Unicosto, di cui era capogruppo e con i quali aveva già concordato l’appoggio al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo. «Credevamo nella candidatura di Creazzo a procuratore di Roma e mi pesa sulla coscienza che io possa essere stato visto come un traditore, ma non è vero», ha affermato Spina. «Non ho tradito la lealtà che dovevo al mio gruppo o agli altri consiglieri. Quello che si decideva insieme era sacro e lo rispettavamo». Spina ha quindi citato le intercettazioni del filone dell’inchiesta di Perugia a carico di Palamara, usate anche all’interno dello procedimento disciplinare. Secondo lui non c’era il rapporto con l’ex membro del Csm ipotizzato dai giudici. «Con Palamara non avevo alcun programma comune», ha spiegato Spina che si è definito piuttosto un «ostacolo» per la sua fermezza nel supportare Creazzo. Stando al suo racconto, l’ex togato lo aveva addirittura invitato a mantenere la candidatura dopo che la Quinta Commissione aveva proposto Viola con ampia maggioranza. «Non ha tradito le sue funzioni istituzionali» ed è scorretto ritenerlo «l’alter ego di Palamara», ha sostenuto il difensore di Spinga, Donatello Cimadoro, avanzando la richiesta di proscioglimento.
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