«La famiglia Peleg tiene Eitan Biran prigioniero in un buco come i soldati israeliani a Gaza»
«La famiglia Peleg trattiene Eitan come i soldati dell’esercito israeliano sono tenuti prigionieri nelle carceri di Hamas». Questa la denuncia di Or Nirko – marito di Aya Biran, zia paterna del piccolo – in un’intervista alla tv Canale 12. «La famiglia Peleg – ha aggiunto – si rifiuta di dire dove il bambino si trova. Lo nascondono in una specie di buco». Alla domanda se sono andati all’ospedale Sheba per verificare la presenza di Eitan, Nirko ha risposto: «È andato mio fratello ma Eitan non c’è». Or Nirko, rispondendo alle domande dell’emittente, ha poi respinto l’idea che ci sia «una battaglia legale. C’è invece un grave reato criminale secondo la convenzione dell’Aja, cioè un rapimento. Le autorità legali israeliane devono sapere che Eitan è stato rapito». E ha detto che lui e la moglie Aya – affidataria della tutela legale di Eitan – «non sono rimasti sorpresi» dagli sviluppi della vicenda.
L’intervista di Or Nirko a Canale 12
«Temevamo – ha aggiunto – che sarebbe successo. Malgrado i nostri avvertimenti, il Tribunale (in Italia, ndr) ha consentito alla famiglia Peleg di proseguire le visite e questo è quanto è avvenuto. Nel momento in cui si è presentata l’occasione hanno rapito il bambino”. Per Nirko “Shmuel Peleg (il nonno del piccolo in Israele, ndr) non ha agito da solo ma ha avuto un grande aiuto altrimenti non avrebbe potuto organizzare un’operazione del genere. Non abbiamo prove ma c’è un’indagine della polizia». Nirko ha quindi precisato che «Eitan è cresciuto tutta la sua vita in Italia. Non ha mai vissuto in Israele e non ha amici lì». Per questo, ha sostenuto, la parola ‘tornare in Israele’ usata dalla famiglia Peleg «è priva di significato. Per loro – ha continuato – è ‘Israele o niente’. Quella famiglia vuole solo il suo interesse personale, sradicare Eitan e imporgli un’immigrazione e questo in aggiunta al trauma terribile che ha già passato. Una logica distorta che gli procurerà danni ancora maggiori». Nirko ha quindi definito menzogne e affermazioni infondate le tesi dei Peleg.
«Tra parentesi non abbiamo raccontato loro le cure psicologiche che ha avuto il piccolo perché di queste cose neppure noi ne sappiamo molto. Se davvero avessimo voluto allontanarlo dai Peleg non ci sarebbero state quelle visite e proprio perché quelle visite erano così lunghe che hanno potuto fare il rapimento». Infine ha escluso le probabilità di un accordo. Intanto anche Etty Peleg, ex moglie di Shmuel Peleg e nonna materna del piccolo, è indagata per il sequestro del bambino di 6 anni. La nonna materna sarebbe stata in Italia assieme all’ex marito almeno nei giorni precedenti al presunto rapimento. Il suo ruolo nell’inchiesta della Procura di Pavia per sequestro di persona (aggravato dal fatto che la vittima è un minorenne) è da verificare. Potrebbe infatti aver aiutato l’ex marito a portare il piccolo in Israele, dove è arrivato su un volo privato partito da Lugano.
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