Boxe, Broili sale sul ring per il titolo italiano ricoperto da tatuaggi nazisti
Prima di salire sul ring del PalaChiarbola di Trieste per giocarsi il titolo italiano di boxe nella categoria Superpiuma, gli unici ostacoli incontrati da pugile di casa Michele Broili sono stati i suoi avversari. Solo dopo il match, perso contro Hassan Nourdine, la Federazione pugilistica italiana si è accorta che Broili fosse ricoperto di tatuaggi dichiaratamente nazisti. Quegli stessi tatuaggi che Broili sfoggiava anche in una locandina del febbraio 2020, quando il pugile era stato scelto addirittura come testimonial della Trieste boxe night, un evento organizzato dall’associazione sportiva Ardita per cui il pugile è tesserato e con il patrocinio del Comune di Trieste. Quell’accostamento aveva scatenato durissime polemiche, la foto del pugile era stata fatta sparire. E sul caso era stata messa una pezza.
Il fatto incredibile è che a Broili non sia poi stato impedito di salire sul ring conciato in quel modo. Bastava fare ricorso alla breve memoria dei fatti di un anno e mezzo prima, se non a quella collettiva per gli orrori che quei simboli stampati sul petto di Broili portavano con sé per fermarlo. Eppure dopo un anno e mezzo riecco il pugile in un match così importante, con gli stessi tatuaggi sul corpo. Simboli inequivocabili come quello sul pettorale sinistro, cioè quello delle Schutzstaffel, le SS naziste. Accompagnato dal totenkopf, il teschio usato proprio dai reparti paramilitari nazisti sulle divise. E poi il numero 88, chiaro riferimento all’«Heil Hitler». E per non lasciare altri dubbi, Broili si è anche fatto tatuare sull’addome un enorme castello coronato con la scritta: «Ritorno a Camelot», il raduno che si tiene ogni cinque anni organizzato dal Veneto Fronte Skinheads.
La reazione della federazione
Solo dopo che la polemica è scoppiata, sollevata sui social e dai giornali, la Federboxe si è resa conto che Broili faceva carta straccia di ogni principio antifascista della Costituzione e quelli antirazzisti su cui si baserebbe lo statuto del Coni. È quindi partita una nota frettolosa con cui i vertici della federazione prendono le distanze, definiscono il comportamento di Broili: «inaccettabile e stigmatizzato da sempre dalla Federazione pugilistica italiana, la quale è costantemente schierata contro ogni forma di violenza, discriminazione e condotta illecita e/o criminosa». Solo stavolta arriva infine l’annuncio che qualche provvedimento potrebbe essere preso, andando finalmente a scomodare la Giustizia sportiva perché: «vengano adottate le opportune misure sanzionatorie anche a tutela dell’immagine della Federazione Pugilistica Italiana». E chissà che questa sia la volta buona.
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