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Il ricatto dei talebani alle potenze mondiali: «Prima il riconoscimento del governo, poi i diritti umani»

20 Settembre 2021 - 21:23 Luca Covino
I fondamentalisti hanno istituito anche la «polizia morale», organismo che vigilerà sul rispetto dei precetti contenuti in un manuale per «prevenire il vizio»

Dopo la scelta di riaprire le scuole soltanto agli alunni maschi e di escludere le donne dagli impieghi negli uffici pubblici, così come dalla politica, i talebani proseguono la costruzione della nuova società afgana e la ribadiscono al mondo: «Prima il riconoscimento, poi i diritti umani». L’annuncio è stato fatto dal portavoce e viceministro dell’Informazione e della Cultura dell’autoproclamato Emirato islamico dell’Afghanistan, Zabihullah Mujahid. «Finché non verremmo riconosciuti e i paesi stranieri continueranno a criticarci sui diritti umani», ha proseguito il fondamentalista in trasmissione su Tolo News, «lo considereremo un approccio unilaterale. Sarebbe opportuno», ha concluso Mujahid, «che ci trattassero responsabilmente e riconoscessero il nostro governo attuale come amministrazione legittima dell’Afghanistan: solo dopo potranno condividere ufficialmente le loro preoccupazioni con noi e noi le affronteremo».

Un nuovo organo di polizia islamista

Intanto il nuovo governo ha fondato la «polizia morale», un organismo che agirà sotto il controllo diretto del ministero della Promozione della Virtù e della Prevenzione del Vizio per controllare che vengano seguiti i precetti islamisti contenuti in una «guida tascabile» da poco pubblicata dai talebani. Il documento ricalca le linee guida già pubblicate nel 1990 e servirà ai miliziani per far seguire regole tra cui l’obbligo di preghiera, il portare la barba lunga, la distruzione di radio e televisione e l’ostacolare, anche con la prigionia, tutte le donne che proveranno a lavorare senza un tutore maschio. Il progetto segue la linea intrapresa dal governo su diritti civili e ruolo delle donne, escluse anche dalle attività sportive, ed è stato annunciato da Mawlawi Mohammad Shebani, capo dell’ufficio provinciale del ministero a Kandahar, che al quotidiano britannico Guardian ha parlato della creazione di una rete strutturata tra forze di polizia, moschee e scuole coraniche con lo scopo di «educare le persone perché cambino comportamento». In caso questo processo si dimostri più lungo del previsto, «allora la forza può essere un’opzione», ha affermato Shebani alla testata.

La condanna di Di Maio

Sulla posizione ferma dei talebani è intervenuto anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio che, in un post pubblicato su Facebook, ha commentato le parole di Kabul mentre era in viaggio per New York, dove domani inizia la 76esima Assemblea Generale dell’Onu. «Diversi gli appuntamenti che vedranno il nostro Paese protagonista», ha affermato il capo della Farnesina riferendosi al summit, «come l’evento organizzato dall’Italia sulla tutela dei diritti di donne e ragazze afghane e sul loro accesso all’istruzione. Su questo tema dobbiamo essere intransigenti, anche perché le notizie che ci arrivano dall’Afghanistan in questi giorni non sono per nulla rassicuranti».

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