Cartabellotta (Gimbe) controcorrente: «La terza dose andrà a tutti, sarà come per l’influenza»
No alla terza dose per tutti, anzi sì. C’è ancora molta incertezza sulla necessità di sottoporre tutti i cittadini a una terza dose del vaccino anti-Covid. L’unica cosa certa è che intanto sono partite le somministrazioni per gli immunocompromessi. Ma, secondo Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, in un’intervista al Quotidiano nazionale, la terza dose sarà necessaria per tutti. «Dobbiamo affidarci alle evidenze. I dati sulle terze dosi che provengono da Israele, dove tutti gli over 60 vengono convocati, sono incoraggianti. I ricercatori hanno dimostrato che la terza dose Pfizer innalza al 95 per cento l’efficacia del vaccino tra i soggetti che hanno ricevuto il richiamo», ha detto. «È ragionevolmente certo che la durata della protezione sia limitata, nel senso che cala nel tempo, più o meno rapidamente ma inevitabilmente – ha aggiunto – le varianti renderanno necessario procedere con nuove somministrazioni ogni anno».
Gli scienziati divisi
Infatti i casi in aumento tra i sanitari – i primi a vaccinarsi – ne sono un esempio lampante: ecco perché, anche secondo l’ordine dei medici, bisogna fare in fretta prima che sia troppo tardi. Bisognerà capire, però, se la minore efficacia del vaccino sia dovuta alle nuove varianti o al troppo tempo trascorso dalla seconda dose per i sanitari. Per Cartabellotta «gli over 50 non vaccinati rischiano di rappresentare il tallone d’Achille». Per questo motivo il presidente di Gimbe ritiene che la «terza dose si rivelerà comunque necessaria» per tutti. Tra l’altro «stiamo parlando di una profilassi simile a quella per l’influenza, prima o poi occorrerà ripeterla e aggiornarla periodicamente». Ma Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e portavoce del comitato tecnico scientifico, non è d’accordo: «Stiamo ancora valutando se, quando e a chi fare un’ulteriore iniezione. Il tema non è una terza dose a pioggia. È un’ipotesi, che potrebbe svilupparsi con percorsi differenziati, in funzione del rischio individuale e della competenza immunitaria delle persone», ha spiegato.
Le ipotesi sui richiami
«Era da mettere in conto che sarebbe stato necessario rinforzare la memoria immunologica prodotta da due sole dosi ravvicinate di vaccino», così Sergio Abrignani, immunologo della Università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico-scientifico in un’intervista al Corriere della Sera. Per Abrignani, le due dosi di vaccino «conferiscono protezione e rispondono anche alla variante Delta. Però si è visto che, come la maggior parte dei cicli ravvicinati, inducono una risposta immunitaria di breve durata e che quindi la protezione dopo 6-8-mesi si riduce dal 90 al 60 per cento circa. Con un terzo richiamo, dopo almeno 6 mesi, non solo l’efficacia viene riportata ai livelli iniziali ma speriamo, in analogia con tanti altri vaccini, che sia duratura per anni». Non ci sarà poi una quarta dose? «Con questo virus nulla è certo – risponde – aspettiamo di vedere se e quando si reinfetteranno coloro che ricevono oggi la terza dose. Però l’esperienza con tanti altri vaccini (come quelli per epatite B, meningococco B, poliomielite, haemophilus, tetano, difterite, pneumococco, pertosse) ci fa ben sperare che ulteriori richiami, se necessari, ci interesseranno dopo 5-10 anni».
Rasi: «Terza dose a tutti? Meglio aspettare»
Infine, per Guido Rasi, già direttore esecutivo dell’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) e consulente del Commissario straordinario per l’emergenza Covid, per la terza dose di vaccino anti Covid a tutti è «meglio aspettare, anche perché somministrare una terza dose a tutta la popolazione è un impegno logistico e economico importante, probabilmente ci si arriverà perché purtroppo questo virus non sembra disponibile a concederci immunità permanente» ma per ora meglio concentrarci su chi del richiamo ne ha realmente bisogno e su chi ancora non è stato vaccinato. Lo ha detto nel corso della trasmissione Agorà su Rai 3. La durata definitiva dell’immunità data dal vaccino, ha precisato, «non la conosciamo ancora, si parla di 6-9-12 mesi. Negli immunodepressi è diminuita, ci sono molte infezioni nel personale sanitario, che è stato il primo a vaccinarsi. Quindi è giusto prepararsi, ma per fare la terza dose a tutta la popolazione aspettiamo un attimo, perché qualche novità potrebbe arrivare». Ad esempio, ha proseguito, «intere fasce di età potrebbero non averne bisogno, e siccome abbiamo da fare con quelli che non abbiamo ancora vaccinato e con quelli che hanno ora bisogno di terze dosi, direi che aspettare ci torna comodo perché ci dà un po’ più di tempo».
Foto in copertina: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
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