A Napoli spunta la campagna contro la censura religiosa: bestemmie e frasi blasfeme sui cartelloni pubblicitari
Bestemmie, frasi blasfeme e turpiloqui accompagnano una campagna pubblicitaria apparsa in alcune strade di Napoli: ma è tutto finto, si tratta di un’installazione artistica. O, meglio, di «subvertising che abusa e si appropria creativamente degli spazi della propaganda pubblicitaria per diffondere messaggi di denuncia e di libertà», come ha spiegato Emanuela Marmo, direttrice di Ceci n’est pas un blasphème, il festival “delle arti censurate e contro la censura religiosa” in corso fino al 30 settembre. Le opere sono riconducibili agli artisti Ceffon, DoubleWhy e Illustre Feccia, chiamati a Napoli con Malt, Spelling Mistakes Cost Lives e Yele&Tres. La mostra è promossa dall’assessorato alla Cultura e al turismo del Comune di Napoli. «I manifesti disseminati per la città, chiaramente attribuibili ad alcuni degli artisti da noi ospitati – dice Marmo – non sono una nostra iniziativa. Si tratta di un progetto autonomo, indipendente e tipico del subvertising, con cui gli artisti stanno segnalando la loro presenza in città e la loro adesione alla nostra causa». La causa in questione è la campagna nazionale associata a EndBlasphemyLaws per l’abolizione delle leggi contro la blasfemia, «spesso strumento di censura e persecuzione, contro la libertà di espressione e l’autonomia dell’arte da ogni ideologia». La bestemmia in Italia non è più reato dal 1999 e prevede sanzioni amministrative. La campagna ha suscitato indignazione tra i residenti del capoluogo campano, anche e soprattutto dopo aver visto dove alcuni di questi manifesti sono stati collocati. In alcuni casi, vicini a scuole o a luoghi di culto, ognuna affissa senza autorizzazione, anche alle fermate degli autobus e negli spazi pubblicitari comunali. I cartelloni riprendono spot celebri di bevande, manifesti elettorali, fino alla copertina del fumetto “Topolino”.
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