Riforma della Giustizia, il governo pone la fiducia. Renzi: «Vergognoso lo strapotere delle correnti nella magistratura»
Il Senato ha approvato con 208 sì e 28 no la fiducia al primo articolo della riforma del processo penale. Sono una cinquantina i senatori della maggioranza che sono risultati assenti alla chiama nominale per la fiducia sul primo articolo della riforma. Tra questi, c’è anche il leader della Lega Matteo Salvini. Quattro questioni di fiducia in 48 ore: il governo ha blindato le votazioni di Palazzo Madama per evitare rischi di defezioni tra i banchi della maggioranza. Oltre al decreto Green pass bis, i senatori in queste ore sono chiamati a esprimersi su tre votazioni relative alla riforma del processo civile e penale. Nella serata di ieri, 21 settembre, è passato con 201 voti a favore il disegno di legge delega per il civile. Oggi, 22 settembre, è approdato in Aula quello per la riforma del processo penale: questione di fiducia per ciascuno dei due articoli che compongono il testo. E se il Movimento 5 stelle contiano ha ormai elaborato il lutto della riforma Bonafede, dagli esigui scranni dell’opposizione si sollevano non poche polemiche per il poco tempo dedicato alla discussione in Aula. Tempi forzati dalla capigruppo che ha fatto approdare il provvedimento a Palazzo Madama prima ancora che fossero votati gli emendamenti in commissione Giustizia. E il testo, infatti, è arrivato in Aula senza relatore, poiché la commissione presieduta da Andrea Ostellari non ha avuto tempo per terminare il proprio lavoro. Con le votazioni di oggi, sono 18 le questioni di fiducia poste da Mario Draghi in sette mesi. Una ogni 12 giorni. Con una media di 2,5 fiducie mensili, l’esecutivo guidato dall’ex banchiere è secondo solo al governo Monti, considerando le ultime tre legislature.
Le polemiche dell’opposizione
Il gruppo de L’alternativa c’è, questa mattina, ha inscenato una protesta a Palazzo Madama: nessuno dei 1.700 emendamenti presentati dagli ex grillini è stato esaminato. Così, al termine dell’intervento di Mattia Crucioli, sono stati liberati in Aula dei palloncini blu e gialli pieni di elio con su scritto «vergognatevi» e «impunità di Stato». Il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Luca Ciriani, ha parlato di «azzeramento del ruolo del parlamento e dei parlamentari per nascondere le divisioni interne alla maggioranza». La leader del partito, Giorgia Meloni, ha parlato di «parlamento mortificato: l’opposizione non è in grado e non può dire la sua. Una deriva davvero preoccupante per la nostra democrazia».
Cosa prevede (in breve) la riforma del penale
Se tutta l’opposizione (e non solo) mal digerisce il costante ricorso alla questione di fiducia, la questione più spinosa per il Movimento 5 stelle è legata alla revisione del processo penale. Soprattutto a proposito di prescrizione. Nella nuova proposta, il cronometro della giustizia resta bloccato dopo la sentenza di primo grado, come introdotto dalla riforma Bonafede, ma il testo della ministra Marta Cartabia prevede dei termini massimi temporali, oltre i quali scatta l’improcedibilità. Arrivati al secondo grado di giudizio, non si potrà perseguire il reato per più di tre anni. Il limite di durata scende a un anno quando il processo passa nelle mani della Cassazione. Per i reati gravi o per i procedimenti ritenuti molto complessi, la finestra temporale prima che scatti l’improcedibilità, viene prorogata di un anno per l’appello e di sei mesi per la Cassazione.
Sull’appello, la riforma introduce l’inammissibilità «per difetto dei motivi – nei casi in cui – non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata». Non viene stralciata l’obbligatorietà dell’azione penale, ma viene dato al parlamento il potere di stabilire le priorità sulle quali devono concentrarsi le procure. Il testo, infine, punta a stringere i tempi delle indagini preliminari e di agevolare pratiche di giustizia riparativa.
L’intervento di Renzi in Aula
La riforma, poi, arriva in un momento delicato per tutta la giustizia italiana, da più di un anno nell’occhio del ciclone per le rivelazioni su nomine e gestione del potere. Matteo Renzi nel suo intervento in Aula ha detto: «Oggi c’è un problema gigantesco dei magistrati: ce ne sono di straordinariamente bravi ma sono rinchiusi da un potere delle correnti, che è esattamente lo stesso che aveva la partitocrazia 30 anni fa. La correntocrazia dentro la magistratura del 2021 è come la partitocrazia nella politica del 1991». E ancora: «Il problema non è la separazione delle carriere, ma il potere e strapotere vergognoso che le le correnti hanno all’interno della magistratura che incide sul procedimento disciplinare dei singoli magistrati e che impedisce a magistrati bravi di fare carriera se non si sono iscritti a certe correnti. La vera separazione è da fare è tra corrente e magistrato. E’ inaccettabile che oggi, come prima reazione se c’è un procedimento, sia chiedere a che corrente è iscritto quel magistrato».
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