La Cina non è terra di Bitcoin. La Banca centrale ha reso illegali le transazioni con criptovalute
Non si potrà più scambiarle. Non si potrà più crearle. La Cina ha deciso di chiudere il suo mercato a tutte il criptovalute. La promessa è quella di sradicare tutte queste attività, ormai considerate illegali. A rendere nota questa decisione sono state dieci agenzie governative di Pechino, tra cui la Banca centrale e le autorità di regolamentazione dei cambi. Un divieto che l’istituto centrale, la Banca Popolare Cinese, ha esteso anche a tutte le società che operano nel Paese. L’agenzia stampa Reuters ha riportato anche un comunicato della Banca Popolare: «Il governo reprimerà risolutamente la speculazione sulla valuta virtuale e le relative attività finanziarie e comportamenti scorretti al fine di salvaguardare le proprietà delle persone e mantenere l’ordine economico, finanziario e sociale». La notizia è stata subito avvertita dai mercati finanziari. Bitcoin sta perdendo il 3,62% in una giornata in cui era partita a 42.367 dollari (un buon risultato rispetto a i dati degli ultimi giorni) mentre Ethereum, meno diffusa di Bitcoin ma comunque importante nel settore, perde il 7,44%.
La valuta digitale su cui punta Pechino
La scelta di affossare il mercato delle crypto in tutto il Paese non nasce solo per un’esigenza di controllo. Il 20 maggio scorso, il valore dei Bitcoin era sceso sotto i 32 mila dollari dopo che il governo aveva chiesto a chi lavora nel campo della finanza di non organizzare operazioni con nessun tipo di criptovalute. L’obiettivo è quello di puntare su una sola valuta per gli scambi elettronici: lo Yuan digitale o Digital Currency Electronic Payment. Le prime transazioni con questa valuta sono avvenute ad agosto ma il lancio dovrebbe avvenire per il 2022. A differenza di Bitcoin, lo Yuan digitale sarebbe però una Central bank digital currency (Cbdc), una valuta cioè che si appoggia a un sistema di banche centrali. La scelta della Cina arriva in un momento molto delicato per la finanza cinese, insidiata al momento dal caso Evergrande.
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