Saman, mercoledì si decide sullo zio. Il fratello accusa un cugino: «Ha detto: ‘Ho il motorino, getto il corpo a pezzi nel fiume’»
Danish Hasnain, lo zio di Saman, la ragazza sparita nel nulla da Novellara (Reggio Emilia) il 30 aprile scorso, resta in carcere in attesa di essere estradato in Italia. Al momento non può essere interrogato né dagli inquirenti francesi né da quelli italiani. Mercoledì si deciderà sulla sua sorte, ha fatto sapere oggi all’Ansa il commissario Michel Faury, capo della brigata criminale della polizia di Parigi. Danish Hasnain – ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio – è stato fermato in Francia la scorsa settimana su mandato d’arresto europeo partito proprio dall’Italia. Nessuno sa quando verrà estradato ma è probabile che i tempi non siano poi così lunghi. Gli inquirenti francesi sono riusciti a risalire a lui grazie alla collaborazione con le autorità italiane che, comunicando i dati del suo computer e l’indirizzo IP usato per navigare sui social, ne hanno agevolato la cattura. Prima è stato localizzato il quartiere in cui si trovava, poi il palazzo e infine i suoi vicini di casa. Per il fermo sono entrati due poliziotti, «non c’è stata alcuna violenza» ma soltanto un controllo e poi il provvedimento di fermo. Lo zio di Saman, almeno in un primo momento, avrebbe fornito una falsa identità: a incastrarlo ci hanno pensato le foto diramate dalle autorità italiane e le impronte digitali.
Le accuse del fratello 16enne di Saman al cugino
Nelle prossime ore arriverà dall’Italia un gruppo di carabinieri di Reggio Emilia che, però, non potrà interrogare lo zio di Saman. Al massimo potrà fare domande alle persone che si trovavano con lui e ai vicini dell’appartamento. Vogliono approfondire la rete di appoggi del latitante. Previsti anche alcuni interrogatori. Mercoledì, invece, è in programma – presso la Corte di appello – l’udienza per Danish Hasnain. Intanto emergono nuove dichiarazioni del fratello 16enne di Saman secondo cui tra i responsabili dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della ragazza – probabilmente uccisa perché non accettava il matrimonio combinato in Pakistan – ci sarebbe anche un altro cugino. Quest’ultimo – come riporta La Gazzetta di Reggio – si sarebbe rivolto ai genitori dicendo: «Uccidete, sennò io porto… cioè, ci sono…ho il motorino, facciamo piccoli pezzi e buttiamo nel…Guastalla, no? C’è un fiume, buttiamo là. Lei fa troppe cose, mette pantaloni, eh… C’è un fiume, buttiamo là. Lei fa troppe cose, mette pantaloni, eh…». Parole pronunciate nel corso di una riunione di famiglia nella quale sarebbe stato deciso il destino della ragazza.
Lo zio al fratello di Saman: «Ho ucciso tua sorella, non dirlo ai carabinieri»
Il fratello minorenne di Saman ha anche parlato del ruolo dello zio: «Hanno forzato tantissimo Danish e anche mio papà, perché mio papà non ha pensato mai questa cosa di uccidere, neanche di toccare. Poi…Danish ha fatto questa cosa, lo so io, Danish ha fatto». E sempre quella sera lo zio gli avrebbe detto: «L’ho uccisa. Tua sorella… Non dire niente ai carabinieri». Il corpo della 18enne non è ancora stato trovato mentre continuano a essere ricercati i genitori della giovane, con mandato d’arresto internazionale. La ministra Marta Cartabia ha già chiesto l’estradizione.
I genitori del fidanzato di Saman chiedono un visto per l’Italia: si sentono in pericolo in Pakistan
I genitori del fidanzato di Saman hanno chiesto un visto per l’Italia: vogliono mettersi al riparo dalle minacce di morte ricevute più volte in Pakistan, dove si trovano. A chiederlo, con una lettera al ministro degli Esteri Luigi Di Maio e all’ambasciatore italiano a Islamabad, Andres Ferrarese, è l’avvocato del giovane, Claudio Falleti. Prima di sparire nel nulla, Saman aveva intrapreso una relazione con Saqib, un ragazzo pakistano che abita in Italia. Relazione da sempre osteggiata dai suoi familiari che, invece, volevano che sposasse un cugino. I genitori di Saqib, così come quelli di Saman, si trovano in Pakistan. Hanno ricevuto minacce sia di persona che attraverso telefonate e messaggi sui social. «La famiglia di Saqib – ha concluso l’avvocato Feletti – versa in una condizione di grave pericolo per la propria vita ed è costretta a nascondersi per paura di ripercussioni già minacciate. Questi comportamenti non possono essere trascurati ed è importante che il ministero e le rappresentanze diplomatiche si attivino affinché null’altro di atroce possa accadere, andando ad aggiungersi a una già grave e triste vicenda».
Foto in copertina: elaborazione di OPEN
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