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Giorgio Panichi, il più giovane laureato d’Italia: «Mai rinunciato agli sport. Da piccolo studiavo fisica su YouTube» – L’intervista

29 Settembre 2021 - 13:21 Valerio Berra
Classe 2001, Giorgio è cresciuto ad Ascoli Piceno ma si è trasferito a Milano per studiare. Si è laureato il 22 settembre al Politecnico di Milano in Ingegneria Fisica

Bastava che la cerimonia fosse solo un giorno prima e il titolo che leggete qui sopra sarebbe stato ancora più ad effetto. Giorgio Panichi, classe 2001, si è laureato il 22 settembre al Politecnico di Milano in Ingegneria Fisica. Il giorno esatto del suo compleanno. Per raggiungere questo traguardo non ha preso nessuna scorciatoia, ha colto solo un paio di opportunità. Cresciuto ad Ascoli Piceno, da piccolo ha cominciato con la primina, iniziando così le elementari in seconda, e poi al liceo ha preso il diploma al quarto anno, mentre stava facendo l’anno all’estero negli Stati Uniti. Una strada un po’ complessa certo, ma in fondo, come ci spiega lui stesso, il segreto è sempre il solito: basta studiare.

Negli ultimi giorni sei stato presentato come il laureato più giovane nella storia d’Italia. Sicuramente avrai fatto anche tu qualche ricerca è vero?

«Ovviamente non possiamo esserne certi al 100%. Ma da quello che ho visto non ho trovato nessuno che sia riuscito a laurearsi prima di me».

Titolo della tesi di laurea?

«Design e ottimizzazione di guide d’onda in tecnologia planare e tridimensionale».

Prova a spiegarla a chi non è del settore.

«Abbiamo studiato delle tecnologie in grado di creare microchip che permettono di usare le luce invece della corrente per trasmettere i dati. Sono tecnologie funzionali allo sviluppo dei computer quantistici».

Voto?

«91 su 110»,

Come hai fatto prendere la laurea così in fretta?

«Da piccolo avevo dato gli esami da privatista per saltare la prima elementare. Ho fatto il quarto anno di liceo negli Stati Uniti e lì mi sono diplomato. E poi ho chiuso tutto il percorso al Politecnico in tre anni. Ecco diciamo che ho sempre dato gli esami per tempo. Cercavo di non lasciare mai niente da dare a settembre».

Perché hai deciso di chiudere il liceo al quarto anno?

«Mi sentivo in grado di affrontare l’università. Il programma che avevo fatto negli Stati Uniti era completo per informatica e fisica. Visto che c’era la possibilità di chiudere di chiudere prima il liceo ho deciso di sfruttarla».

Perché ingegneria e perché il Politecnico.

«Fisica mi ha fatto innamorare da quando l’ho incontrata alle superiori. Anche se già da piccolo mi ricordo che guardavo delle lezioni su YouTube. Il Politecnico di Milano non solo ha una storia e una reputazione molto buona, ma proponeva questo corso di Ingegneria Fisica che metteva insieme degli argomenti molto interessanti».

Hai sempre studiato tanto?

«Non sono mai stato il tipico ragazzo studioso. È vero, ho sempre studiato tanto ma non ho mai dedicato ai libri tutto il mio tempo. Fin da quando avevo sei anni, ho suonato il pianoforte, ho fatto parecchi sport, dal basket, al karate, passando per nuoto, pallanuoto, calcio e tennis. Lo ammetto però, non sono mai arrivato a competere a livello agonistico».

Com’erano le tue giornate da studente?

«Al momento sono ancora uno studente universitario. Da un paio di settimane ho cominciato anche i corsi della magistrale. La mattina se ho qualche ora libera prima delle lezioni, vado in palestra. Po al Politecnico i corsi occupano tra sei e otto ore al giorno. Di solito mi fermo sempre a studiare con i miei amici nel pomeriggio ma per cena cerco di tenermi libero».

Niente libri alla sera?

«Solo se sono tanto in ritardo. Altrimenti preferisco uscire con gli amici o comunque farmi un giro».

Come è stato vivere l’università in pieno lockdown?

«Purtroppo è stata una medaglia a due facce. Da una parte avevo meno distrazioni e riuscivo a dedicarmi di più allo studio. Dall’altra invece stare al Politecnico, seguire le lezioni in aula e confrontarsi con professori e studenti permette di imparare sempre cose nuove. Anche fuori dal tuo campo di studi».

Resterai in Italia?

«Finita la magistrale mi piacerebbe fare un master, magari all’estero. Vorrei specializzarmi nel quantum computing. Poi valuterò dove ci saranno più opportunità. Su questo non mi metto barriere».

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