«Se non mi dimenticate, tornerò presto»: la promessa di Zaki dal tribunale di Mansoura
Dimagrito, con la barba lunga, i capelli raccolti in un codino. Zaki è un’altra persona, a distanza di un anno e mezzo. Così lo descrive Repubblica che ha seguito l’udienza al tribunale di Mansoura. «Te lo ricordi ancora l’italiano, Patrick?», gli ha chiesto la giornalista. «Sì, così così. Io studio», ha risposto lui, vestito della divisa bianca dei carcerati egiziani. Quando gli è stato domandato «come stai?», lui ha detto di «stare bene, non è poi così male qui». «Lo sai che molta gente si è mobilitata per te?». «Lo so, sì, me l’hanno detto. Grazie davvero a tutta l’Italia. Io torno presto. Voi non vi dimenticate di me», ha concluso. Queste le parole pronunciate da Zaki prima che le guardie vietassero alla giornalista di continuare a parlare con lo studente.
La prossima udienza il 7 dicembre
L’udienza di ieri, 28 settembre, davanti al tribunale speciale di Mansoura, si è chiusa con un rinvio di sette settimane. Si torna in aula il prossimo 7 dicembre. «Una cosa assurda», l’ha definita l’avvocata della difesa che si aspettava un verdetto definitivo dopo 18 mesi di detenzione preventiva. E, invece, ancora una volta niente. Da pochi giorni, però, i suoi legali hanno scoperto che su di lui pendono ben sei capi di accusa. Dalla diffusione di notizie dannose contro lo Stato egiziano via internet al terrorismo. Zaki rischia dai dieci ai dodici anni. «Fa male vederlo così, non poterlo neanche abbracciare», ha sussurrato Marise, la sorella minore. «Ormai siamo costretti a sperare che lo condannino: a una pena lieve, che tenga conto dei mesi che ha già passato in cella. Ma che almeno ci dia la prospettiva di una fine. Tutto quello che vuole lui è tornare a studiare: tornare a Bologna. Lo ripete ogni volta che lo incontriamo», ha concluso.
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