Comunali, l’astensione di massa arriva dalle periferie. «Delusi dai 5 Stelle hanno disertato le urne»
Alle elezioni comunali che il 3 e il 4 ottobre hanno coinvolto 1.147 centri d’Italia nella scelta del loro nuovo primo cittadino ha disertato un italiano su due. All’indomani della corsa alle urne il record storico negativo di partecipazione al voto si attesta al 54,69%, superando la bassa affluenza del 2017, quando a votare era stato il 60,7% degli aventi diritto. Roma, Milano, Napoli, Torino: nessuno dei comuni principali andati al voto ha raggiunto il 50% dell’affluenza, con l’eccezione di Bologna posizionata poco sopra la metà degli aventi diritto. Gli astenuti si contano per un totale di 900mila persone, la metà dei quali proprio nelle città maggiori che contavano il 40% dei votanti. Uno scenario di evidente disaffezione alla politica che, secondo i dati pervenuti da tutto il territorio nazionale, vede nella maggior parte dei casi protagoniste le periferie. «A votare sono stati i quartieri benestanti, quelli periferici in gran parte hanno disertato le urne», conferma il sociologo dei fenomeni politici e dei media all’Università degli Studi di Torino Cristopher Cepernich, che anche sulle cause sembra non avere dubbi. Riferendosi agli abitanti delle zone periferiche dei principali comuni partecipanti alle amministrative, individua la fonte di sfiducia nel perduto potere rappresentativo del Movimento cinque Stelle. «Se dopo il 2013 avevano trovato una rappresentanza nel M5S, stavolta no, e gli elettori hanno preferito non votare» spiega Cepernich. Alla luce dei futuri ballottaggi e delle prossime politiche ora il timore è quello di una tendenza partecipativa ulteriormente al ribasso.
I delusi
La riflessione generale sulla non partecipazione delle periferie trova nell’analisi di più esperti il calo di consensi per il Movimento 5 Stelle. Nel 2018 furono proprio i residenti delle periferie urbane a rappresentare la fortuna dei pentastellati. Ma oggi la storia sembra essere cambiata. L’idea di un partito sostitutivo, che rappresenti per molti l’alternativa con la quale ribellarsi ai partiti “storici” sembra non essere più associata al Movimento né aver trovato qualche tipo di sostituto. E così la decisione è stata quella di disertate le urne. Lo scenario si è mostrato evidente in tre dei principali comuni coinvolti: a Roma, Torino e Napoli il dato della partecipazione è andato di pari passo con quello geografico-sociale. Nella capitale l’affluenza si è attestata al 49% circa con il II Municipio registrato come il più partecipativo di tutti con il 56,67%. Si tratta della zona centrale da San Lorenzo ai Parioli, decisamente distante dai numeri rilevati al Municipio VI, periferia di Tor Bella Monaca, con il 42,85%. Sotto la media della città anche altre zone periferiche come Portuense, Magliana, Primavalle e Ostia. Situazione non diversa per Torino dove l’affluenza è stata del 48% in totale: la Circoscrizione 1 che comprende il Centro e Crocetta ha raccolto il 51,5% degli aventi diritto, la periferia Nord con la Circoscrizione 5 e 6 ha invece registrato il 43,4% e il 42,9%. E poi c’è Napoli che abbassa ancora di più l’affluenza cittadina al 47,1% degli aventi diritto e raccoglie il 54,5% dei voti nelle ricche zone del Vomero e dell’Arenella. La Municipalità con Miano e Secondigliano raggiunge appena il 42,6%.
A Milano e Bologna il fenomeno è inverso
Nell’analisi identificativa della fronda astensionista di queste ultime elezioni comunali, Milano e Bologna non sembrano seguire la tendenza delle altre periferie. Nella città di Beppe Sala, il quartiere che in percentuale risulta aver votato di meno con il 44,5% degli aventi diritto è proprio il centro storico corrispondente al Municipio 1. Stessa cosa anche a Bologna: la partecipazione più bassa si è riscontrata nel quartiere centrale di Santo Stefano, quella più alta nella periferia di Borgo Panigale-Reno.
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