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Uno studio giapponese dimostra che il vaccino Pfizer non produce la proteina Spike? Non è così

Perché siamo sicuri che i vaccini a mRNA funzionano e non sono tossici

Secondo Stefano Scoglio (ne parliamo qui), uno studio giapponese svolto in collaborazione con Pfizer dimostrerebbe che la Casa farmaceutica non avrebbe mai risolto il problema di bio-distribuzione del suo vaccino a mRNA nelle cellule. Durante un’intervista su Byoblu del 3 ottobre 2021, si sostiene che Scoglio avrebbe «scoperto» un paper «rimasto fino a poco tempo fa segretato, ora reso pubblico» che risulterebbe utile a smentire le dichiarazioni dei nostri colleghi di Facta.

Per chi ha fretta:

  • Le verifiche sull’efficacia e sicurezza dei vaccini anti-Covid non si fanno né sui kiwi né sui topi, bensì sulle persone.
  • Il report giapponese citato, essendo pre-clinico ed eseguito sui topi e in vitro, non può sostituirsi agli ampi studi clinici che hanno portato all’approvazione del vaccino Pfizer.

Analisi

Partiamo dal titolo del documento di Stefano Scoglio allegato da Byoblu: «Lo studio Giapponese sulla bio-distribuzione del vaccino Pfizer conferma le mie tesi: i non vaccini Covid non entrano nelle cellule, non producono nessuna proteina Spike, ma fanno enormi danni a tutti gli organi. Con una risposta ai falsologi di Facta».

La critica di Scoglio contro i colleghi di Facta riguarda un loro articolo del 14 settembre 2021 dove contestavano un suo elaborato dal titolo «Perché i “vaccini” genici non possono produrre nessuna proteina spike e dunque non sono vaccini».

Documento scoperto da Scoglio? No e non provante

Scoglio fornisce una traduzione dal giapponese all’italiano del paper, redatta col traduttore di Google: «Non conosco il giapponese – spiega lui stesso nell’articolo in cui cita lo studio – e ho tradotto attraverso Google Translate». Non serviva, infatti risulta disponibile dal 22 luglio 2021 una traduzione in inglese su Web Archive. Non solo, l’originale è linkato e pubblicato sul sito della PMDA, l’agenzia del farmaco giapponese.

Sopra il documento di Stefano Scoglio. Sotto il documento pubblicato sul sito dell’agenzia del farmaco giapponese.

In realtà non si tratta di una scoperta originale, il documento venne citato in un articolo del luglio scorso di un medico canadese di nome Michael Palmer, come spiegavamo in un precedente articolo dove facevamo notare che si tratta di uno studio pre-clinico, svolto sui topi e in vitro, nel quale gli autori non trovavano niente di rilevante.

I dati di creazione e modifica del file PDF sul sito dell’agenzia del farmaco giapponese.

La narrativa dei test “saltati”

La storia in base alla quale Pfizer non avrebbe mai risolto problemi di farmaco-cinetica e bio-distribuzione, facendo approvare – non si sa come – il suo vaccino in tutta fretta è praticamente una leggenda. Se da un lato si citano report pre-clinici sui topi, dall’altro abbiamo la sperimentazione sugli esseri umani, come spiegano anche i colleghi di Facta in uno degli articoli che non devono essere piaciuti a Scoglio. Per altro non ha proprio senso tener conto di studi come quello giapponese.

«L’Ema stessa ha chiarito – continua Facta – in un comunicato del 25 maggio 2021 che “studi non clinici di farmacocinetica come gli studi di biodistribuzione non sono di norma un requisito per lo sviluppo e l’autorizzazione dei vaccini contro le malattie infettive”. Come riporta anche l’articolo, durante lo sviluppo del vaccino Pfizer, non sono stati compiuti studi “tradizionali” ma sono stati eseguiti e presentati i risultati di studi analoghi. La principale differenza è che sono stati condotti con la stessa formulazione del vaccino, ma con mRna che codificavano per la proteina luciferasi, un enzima capace, con l’apposito substrato, di produrre luce. Questo allo scopo di meglio identificare sperimentalmente la destinazione dell’mRna».

Nessun problema reale di bio-distribuzione

Il report giapponese è proprio uno studio analogo basato sulla luciferasi. Questa sostanza, trovata nel fegato «da 6 ore dopo la somministrazione», svaniva «entro 9 giorni dopo la somministrazione». Palmer nel suo «studio» usa tali dati per sostenere, in maniera del tutto surrogata, che questi risultati dimostrerebbero effetti nelle persone, come «coagulazione ematica post vaccinale, potenzialmente in grado di provocare attacchi cardiaci, ictus e trombosi venosa; gravi danni alla fertilità femminile; gravi danni ai neonati allattati al seno; tossicità cumulativa dopo iniezioni multiple». Non di meno, quando i ricercatori devono valutare la tossicità relativa ai valori trovati, spiegano che non osservano «risultati di tossicità indicativi di danno epatico in dosi ripetute». Studi di questo tipo sono ben noti all’EMA e non è emerso alcun problema significativo nella bio-distribuzione. L’mRNA svanisce nell’Organismo senza conseguenze.

Conclusioni

L’articolo di Byoblu che riporta l’intervista a Stefano Scoglio presenta una domanda: «Lo studio giapponese sulla bio-distribuzione del vaccino Pfizer conferma la tesi di Stefano Scoglio?». La risposta è «No». Ricordiamo che i vaccini anti-Covid non si approvano a seguito di meri esperimenti sui topi, ma attraverso studi clinici in tre fasi cliniche, coinvolgendo ampi gruppi di persone, prima di ricevere l’approvazione. Emergono quotidianamente prove della sicurezza ed efficacia dei vaccini a mRNA, persino di fronte alle varianti Covid. Chi volesse alludere ai rari casi di miocardite, ricordiamo nessuno dimostrata una correlazione causale. Inoltre, per i principali enti sanitari i benefici superano di gran lunga i presunti rischi. Altre tesi No vax su aspetti critici mai dimostrati nei vaccini le potete trovare (quiquiqui e qui).

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