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Conte corteggia il Pd, ma a Roma Gualtieri conferma: «Non ci saranno 5 Stelle in giunta». Quale strada per l’alleanza?

06 Ottobre 2021 - 19:24 Chiara Piselli
Intanto il segretario democratico Letta continua a non svelare le sue carte, parlando di dialogo «con tutti quelli con cui si può dialogare»

Nuova tappa del tour, stessa tiritera. Dopo Carbonia (Sardegna), da Adrano (Sicilia) Giuseppe Conte insiste per il terzo giorno di fila sulla necessità di allearsi col Pd. La cartina tornasole delle amministrative non può che dare ragione al capo politico M5s. Se non alleato al Pd, il Movimento ha registrato un’emorragia di consensi un po’ ovunque. A cominciare dalle città che ha governato negli ultimi 5 anni. A Roma è al 10% e a Torino il consenso è crollato addirittura sotto il 9%. Ma la «traiettoria politica del dialogo costante e intenso con il Pd», come la definisce Conte, non sembra essere – per il momento – un’opzione che piace agli attori coinvolti nella partita per la Capitale, il bottino di maggiore peso. Né di qua né di là.

La ricerca del dialogo

Se si guarda in casa M5s, c’è Virginia Raggi – 19,09% di consensi – che ha detto chiaro e tondo sin da subito che non intende dare indicazioni di voto sul ballottaggio che vedrà sfidarsi il candidato del centrodestra Enrico Michetti – 30,14% al primo turno – e quello del centrosinistra Roberto Gualtieri – 27,03%. Nonostante le telefonate di cortesia inoltrate ieri all’uno e all’altro per non restare nell’ombra in questa fase di stasi, la sindaca uscente non dirà ai suoi votanti su chi sia meglio piazzare la prossima crocetta: «I cittadini non sono mandrie da portare al pascolo». Anche se Conte lo ha ammesso chiaramente: «Nel M5s è finita la stagione in cui si andava a tutti costi orgogliosamente da soli, come nella fase più antica della sua storia». Il segretario del Pd Letta, dal canto suo, continua a parlare di un «dialogo con tutti coloro che rappresentano partiti e movimenti con cui possiamo dialogare nelle città che vanno al ballottaggio», annunciando telefonate a Conte, Calenda e Renzi. «Non proporremo apparentamenti o accordi di governo basati su posti o assessorati – ha dichiarato -, faremo una proposta ai cittadini di Roma, Torino e Trieste. Cercheremo di convincere gli elettori e sono convinto che gli elettori saranno disponibili ad ascoltare le nostre ragioni».

La partita della Capitale

Un «partner per un percorso comune» nella partita di Roma è molto probabile che Conte non possa trovarlo neanche in Carlo Calenda19,81% di preferenze – che oggi ha ricordato a Gualtieri la promessa fatta in campagna elettorale di non fare entrare il M5s in giunta. «L’elettorato dei 5 Stelle è contendibile. Io quello che dico a Gualtieri è di non mettere il M5s in giunta, come disse prima del voto. Noi andremo all’opposizione perché è un impegno che ci siamo presi con i cittadini – ha concluso il leader di Azione -. Io ho fatto una promessa agli elettori e non la tradisco per un apparentamento». Al che Gualtieri, sentitosi chiamato in causa, lo ha escluso. «Non ci saranno Cinque stelle in giunta. L’ho detto e sono abituato a dire le stesse cose prima del primo e del secondo turno. Lo confermo. Noi siamo abituati a fare ciò che diciamo».

L’enigma Calenda

Quali argomenti restano dunque a Conte per coltivare il dialogo col centrosinistra nella Capitale? La risposta resta sospesa. «Per essere competitivi rispetto al centrodestra il dialogo deve essere coltivato ovunque sia possibile», ha ribadito oggi dal comune nel Catanese, riconoscendo ancora quanto poco il M5s sia radicato sul territorio. Intanto dal centrodestra Enrico Michetti si definisce l’unico ad avere le braccia aperte nei confronti di tutti. «Spera in un caffè con Raggi» e dai microfoni delle tv dice che «ci sono tante prospettive comuni con Calenda»: «Abbiamo entrambi un programma del Fare». Una comunanza di intenti per nulla riconosciuta dal leader di Azione: «Sono vicino a Gualteri. Michetti è un impreparato prestato alla politica».

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