«Facebook va frenato come le sigarette». Zuckerberg si difende dalla “talpa”: «Perché non è logico che facciamo soldi dalle fake news»
Il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg respinge su tutta la linea le accuse pesantissime partite dall’ex manager Frances Haugen, la «talpa» che al Senato americano ha lanciato un appello perché la politica intervenga per limitare il social dannoso e pericoloso, soprattutto per i più giovani. Accuse che: «non hanno alcun senso», ha scritto il fondatore di Facebook in una nota ai dipendenti pubblicata con un post sul suo social. In uno dei passaggi più forti dell’audizione di Haugen, l’ex dipendente Facebook ha paragonato il social a fumo e oppioidi: «Quando il governo si è reso conto che il fumo è nocivo per la salute è intervenuto – ha detto l’ex manager – Quando è stato chiaro che le cinture di sicurezza salvano vite umane, il governo ha obbligato l’industria dell’auto ad adottarle. Quando si è visto che i farmaci oppioidi creano dipendenza, la politica è intervenuta. Vi supplico di farlo anche ora davanti ai danni social provocati da Facebook».
Profitti dalle fake news
Frances Haugen, ingegnere informatico di 37 anni, era stata assunta per guidare il team sull’integrità civica, che ha poi finito il suo lavoro con la conclusione delle ultime elezioni presidenziali americane. Ha lavorato a Facebook dal 2019 al 2020, andando via sbattendo la porta, dopo che a suo dire era emerso il vero scopo del social: «A un certo punto dopo le elezioni 2020 ho visto ripetutamente conflitti di interessa tra quello che era buono per il pubblico e quello che era buono per Facebook – ha detto in un’intervista a 60 minutes sulla Cbs – e Facebook ogni volta ha scelto quello che era meglio per lei e i suoi profitti». I guadagni per il social arriverebbero soprattutto dal moltiplicarsi di fake news e odio crescente, così da spingere i contatti e i relativi incassi dalla pubblicità. Una teoria che secondo Zuckerberg non sta in piedi: «Facciamo soldi con le inserzioni – ha spiegato nella nota ai dipendenti – e gli inserzionisti continuamente ci dicono che non vogliono che i loro annunci siano vicino a contenuti dannosi o furiosi. Non conosco alcuna azienda tech che vuole realizzare prodotti che rendono le persone arrabbiate o depresse. Morale, business e incentivi sui prodotti puntano tutti nella direzione opposta».
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