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Caso Morisi, dal ricatto alle accuse: si sgonfia tutto. L’escort Alexander: «La droga dello stupro era nostra. Con noi è stato corretto»

07 Ottobre 2021 - 09:11 Redazione
Nel racconto fatto alla Stampa, l'escort più grande di età spiega che i carabinieri sono stati chiamati da Nicolas, il suo collega, «per colpa della droga, perché non ragionava bene e diceva cose assurde»

Continuano a emergere dettagli sulla vicenda Luca Morisi: come emerso dalle chat del sito di incontri Grinder e pubblicate dal Corriere, non sarebbe stato l’ideatore della Bestia a cedere la droga dello stupro ai due escort romeni. Oggi, 7 ottobre, in un’intervista alla Stampa, torna a ribadirlo Alexander – nome d’arte dell’escort meno giovane – che non risulta ancora iscritto al registro degli indagati. Ma se sono stati loro a portare il ghb a Belfiore, perché gli stessi romeni hanno poi chiamato i carabinieri lo scorso 14 agosto? «Non sono stato io a chiamarli. Quello che posso dire è che Morisi con noi è stata una brava persona. Si è comportato bene. Non ha sbagliato niente. E neppure noi abbiamo sbagliato niente». È stato Nicolas, l’escort più giovane e nel cui zaino è stata trovata la bottiglietta con il ghb, a chiamare le forze dell’ordine. Ha fatto quella telefonata: «per colpa della droga che avevamo preso. Non ragionava bene, era fuori. Diceva cose assurde», spiega Alexander. Nessun ricatto, nessuna lite per le tariffe della prestazione, dunque. I carabinieri sarebbero intervenuti perché chiamati da Nicolas in un momento di confusione.

La vita distrutta

Invoca discrezione, Alexander, la cui vita è stata «distrutta» da una vicenda giudiziaria privata diventata, tuttavia, pubblica per il ruolo politico di uno dei protagonisti, nella quale l’escort non è nemmeno indagato e che, per le dosi minime di stupefacenti – non tali, almeno, da far presupporre lo spaccio -, potrebbe concludersi senza una sentenza di condanna di un giudice penale. «Sto male – racconta Alexander nell’intervista -, sono senza una lira e nessuno mi vuole più incontrare. Non lavoro. È tutto finito. La mia vita è distrutta. Da quando sul giornale La Verità hanno pubblicato il mio nome, la mia faccia e ogni cosa di me, io sono all’inferno. Prima quei giornalisti si erano finti clienti e mi hanno chiesto anche il codice fiscale per il pagamento, e poi… quando mi hanno detto chi erano davvero, io li ho richiamati in lacrime. Li ho pregati di non mettere il mio nome, li ho scongiurati di non mettere la foto con la mia faccia. Ho detto che mi sarei ammazzato. Ma loro se ne sono fregati. Adesso non mi chiama più nessuno. Non ho manco i soldi per fare la spesa».

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