Crisanti sulla riapertura delle discoteche: «Terza dose per tutti o ci ritroveremo con 30 mila contagi al giorno»
«Iniziative come la riapertura delle discoteche sono giustificabili solo se le autorità sanitarie intendono estendere a tutti la somministrazione della terza dose, altrimenti rischiamo». Il rischio di cui parla il professor Andrea Crisanti è quello di un rialzo della curva dei contagi da Covid-19 che presto potrebbe portare l’Italia al pari del Regno Unito, «con 30 mila contagi e 150 morti al giorno». Il professore di microbiologia all’università di Padova commenta con Fanpage.it l’ultimo parere del Comitato tecnico scientifico favorevole alla riapertura delle discoteche. Un tema ampiamente discusso negli ultimi mesi e che oggi, giovedì 7 ottobre, sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri convocata a Palazzo Chigi.
Crisanti: «Rivedere i criteri del Green pass»
Crisanti non ha dubbi: l’ipotesi di accesso con Green pass obbligatorio, la capienza al 35% e le misure anti Covid non basteranno per proteggersi dai contagi. L’unica soluzione per garantire un rischio minimo di ripresa è quella di somministrare una terza dose di vaccino anti Covid a tutta la popolazione. «I vaccini attualmente prodotti conferiscono una protezione di 6/7 mesi dal contagio, ma dopo questo periodo si torna ad essere molto esposti all’infezione. Credo che alla luce di questo vadano rivisti anche i criteri del Green pass: oggi una persona che si è vaccinata 6/7 mesi fa è in grado di infettarsi e di trasmettere, ma con il certificato verde può accedere a molti luoghi. Penso che questo rischi di rivelarsi un errore», ha spiegato lo scienziato.
L’indicazione di Crisanti quindi è quella di un’estensione della terza dose, finora concessa soltanto alla categoria dei fragili, over 80 o sanitari. Secondo il professore dell’Università di Padova la protezione dal virus di cui la popolazione italiana può ancora beneficiare «andrà a scemare nei prossimi 2 o 3 mesi». È per questo che Crisanti incoraggia l’idea di un terzo richiamo così da mettere in salvo la maggior parte della popolazione dai rischi di una pericolosa stagione invernale. «A questo proposito si pone anche un problema di natura etica: è giusto, ed è sostenibile, sacrificare in un anno decine di migliaia di vite di persone fragili per permettere agli altri di condurre la parvenza di una vita “normale”? Secondo me no, ma questo è un tema squisitamente politico e non più scientifico».
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