Intesa di 136 Paesi sulla minimum tax. Il segretario dell’Ocse: «Renderà il regime fiscale internazionale più equo e più efficace»
C’è entusiasmo da parte delle istituzioni sovranazionali e dei singoli politici per il concordato sulla cosiddetta minimum tax, che impone una tassazione minima del 15% sulle grandi multinazionali nei 136 Paesi – sui 140 del Quadro Inclusivo Ocse/G20 – che hanno firmato l’intesa. Le grandi società del web, gli attori internazionali della gig economy, ma anche le multinazionali storiche non potranno più giovare dei benefici che ricevevano da alcuni Stati che, per favorire l’insediamento nel proprio territorio delle grandi compagnie, riservavano a esse trattamenti fiscali di favore. Ad esempio, ci sono voluti anni di negoziati in Europa con Irlanda, Estonia e Ungheria – Paesi dove la tassazione è più morbida – per convincere questi Stati a firmare l’intesa. Dalle istituzioni dell’Unione europea, che da tempo combatte per un’omogeneizzazione fiscale, sono arrivati molti messaggi di soddisfazione per l’accordo di oggi. «Accolgo con favore l’accordo odierno sulla riforma fiscale globale. Questo è un momento storico. È un importante passo avanti per rendere più equo il nostro sistema fiscale globale», ha commentato Ursula von der Leyen.
«La Commissione europea ha sostenuto con forza questo sforzo internazionale. Vorrei ringraziare il commissario Paolo Gentiloni e i suoi servizi per il loro instancabile lavoro al riguardo», ha commentato la presidente della Commissione europea. Proprio il commissario italiano agli Affari economici e finanziari, contestualmente al raggiungimento dell’intesa, ha dichiarato: «Il multilateralismo è tornato». Mathias Cormann, segretario generale dell’Ocse, ha parlato di «grande vittoria per un multilateralismo efficace ed equilibrato – aggiungendo che – si tratta di un accordo di grande portata che garantisce che il nostro sistema fiscale internazionale si adatti ad un’economia globale digitale. Adesso dobbiamo lavorare con diligenza per garantire l’attuazione effettiva di questa riforma». La minimum tax entrerà in vigore dal 2023 nei 136 Paesi che hanno aderito all’iniziativa sui 140 coinvolti, che rappresentano più del 90% del Pil mondiale. Kenya, Nigeria, Pakistan e Sri Lanka, invece, hanno respinto la misura.
L’Ocse fa sapere che l’accordo consentirà di «riattribuire a Paesi del mondo intero i benefici per oltre 125 miliardi di dollari realizzati da 100 aziende multinazionali tra le più grandi e più redditizie al mondo, con l’obiettivo che queste società possano onorare la propria giusta parte fiscale, qualunque sia la giurisdizione in cui esercitano le loro attività e realizzano benefici». Con il via libera di Dublino, Tallin e Budapest, viene dunque finalizzata oggi, 8 ottobre, l’intesa politica che i Paesi del Quadro inclusivo – promotori principali gli Stati membri dell’Ocse, del G20 e dell’Unione europea -, a luglio, avevano già definito. L’accordo sulla minimum tax, ha precisato inoltre l’Ocse, non ha come obiettivo quello di «porre fine alla concorrenza fiscale ma di porre dei limiti convenuti multilateralmente. Consentirà ai Paesi di raccogliere circa 150 miliardi annuali di introiti supplementari».
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