Quando la Lega e Fratelli d’Italia approvarono la riforma del catasto che oggi contestano
Correva l’anno 2014. Al governo c’era Matteo Renzi e in ballo c’era, allora come oggi, una riforma del fisco. Alla quale il Parlamento collegò proprio una riforma del catasto dei fabbricati, «al fine di attribuire a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita». E ad approvarla, ricorda oggi Il Foglio, fu proprio una maggioranza trasversale che comprendeva la Lega e gli esponenti di Fratelli d’Italia. Esattamente l’opposto di quello che accade oggi. Con il dettaglio che quella delega è l’esatta copia di questa di oggi. Anzi, di più: perché oggi Mario Draghi dice che la revisione non influirà sulla base imponibile dei tributi. All’epoca nessuno promise nulla da questo punto di vista.
Catasto, la riforma del 2015
Eppure l’annuncio della riforma fu salutato con gioia da big della Lega come Gian Marco Centinaio. Che anzi sollecitava il governo a fare presto: «Cinque anni? In cinque anni di evasione ce ne sarà veramente tanta, serve un’accelerazione». Alla fine l’operazione si concluse nel 2015, riguardando però soltanto i comuni che ne avevano fatto richiesta poiché annoveravano nel proprio territorio queste situazioni contraddittorie con il riclassamento di più di 124.000 unità immobiliari e un aumento della rendita catastale complessiva di oltre 383 milioni di euro, pari a un valore imponibile di oltre 61 miliardi. Tra questi, per esempio, il comune di Bologna. Sotto le due Torri tutte le case periferiche nella categoria A3 sono passate ad A2. E non a caso Bologna è oggi tra le città più care per l’Imu. E quindi quella che meno risentirebbe della riforma del catasto: in periferia i valori degli immobili salirebbero di appena l’1,5%, a differenza del centro: +56%. La stessa operazione venne effettuata a Genova.
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