Caso Regeni, il processo al via domani senza gli imputati: la presidenza del Consiglio si costituirà parte civile
Dopo quasi sei anni, al via il processo per la morte di Giulio Regeni. Comincia domani, 14 ottobre, alla Corte di assise di Roma il processo nei confronti dei quattro militari, ufficiali della sicurezza egiziana accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore italiano al Cairo nel 2016. La prima novità è che la presidenza del Consiglio dei ministri si costituirà parte civile, con la famiglia del ricercatore. La notizia non risulta ancora ufficializzata, spiega Repubblica, per rispetto della volontà dei genitori e della loro storica avvocata, Alessandra Ballerini, che hanno sempre chiesto alle associazioni di non costituirsi parte civile per non allungare i tempi del processo. La presenza dello Stato però è altra cosa ed è da sempre parte della richiesta di verità e giustizia di Paola Deffendi e Claudio Regeni. Il processo non mette solo alla sbarra gli 007, ma tutto un Paese e le sue violazioni dei diritti umani. Sono tanti i nomi celebri sulla lista dei testimoni che la legale dei Regeni, Ballerini, chiede di sentire durante il processo: il presidente al Sisi, suo figlio Mahmood, quello che all’epoca era il ministro degli interni Ghaffar, e poi Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte, Mario Draghi, ovvero tutti i premier italiani di questi quasi sei anni, i ministri degli Esteri, i sottosegretari con delega ai Servizi, i vertici dell’intelligence italiana.
I nodi formali
Come scrive Carlo Bonini su la Repubblica, in aula non ci saranno gli imputati, per via della mancata collaborazione dell’Egitto che mai ha voluto comunicare gli indirizzi per poter notificare loro gli atti. Un “no” che ha una ragione precisa, e che permette a uno Stato come l’Egitto di “usare” il fatto che l’Italia abbia uno Stato di diritto con un funzionamento a tutela di indagati e imputati. Il giudice dell’udienza preliminare ha rinviato a giudizio i quattro 007 – il generale Tariq Sabir, il colonnello Athar Kamel, il suo collega Usham Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Sharif, accusati del rapimento e dell’uccisione di Giulio Regeni – anche se non è stato possibile notificare loro formalmente gli atti, spiegando che l’eco mediatica di questi anni valga ampiamente come notifica.
La Procura dal canto suo chiede di interrogare, nel contraddittorio, l’ambulante che ha venduto Regeni agli egiziani, Mohammed Abdallah, il suo vicino di casa, chiunque abbia avuto un ruolo nel suo lavoro e nella sua morte, e i testimoni che hanno detto di aver visto Giulio nei nove giorni di prigionia, prima di essere ammazzato. La loro identità è ancora protetta, ma anche questo pone un ulteriore problema, nota ancora Repubblica. L’impianto accusatorio si basa fortemente su queste sei testimonianze, che però – sempre per la procedura del processo italiano – devono essere sottoposte al contraddittorio per trasformarsi in prove, con il rischio che l’Egitto acquisisca l’identità di queste persone e ne influenzi la volontà.
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