L’assalto alla Cgil è già acqua passata, si allunga la lista degli assenti al corteo di Roma. Calenda: «Doveva essere contro i fascismi, invece…»
«Mai più fascismi». Con questo slogan, i sindacati si aspettano almeno 10 mila persone per il corteo che porterà al si-in in piazza San Giovanni, dove i numeri potrebbero salire a 50 mila. Dopo l’aggressione squadrista che, sabato 9 ottobre, ha portato alla devastazione della sede romana della Cgil la solidarietà per il sindacato è stata unanime, non quanto però la partecipazione alla manifestazione, che sin dal giorno scelto, quello in cui cade anche il silenzio elettorale per le Comunali, aveva rotto il fronte di unità. I partiti del centrosinistra, compresa Italia Viva, parteciperanno alla giornata. Dovrebbero esserci giù dal palco anche il segretario Dem Enrico Letta e il presidente 5 stelle Giuseppe Conte. Ma sono le assenze, oggi 16 ottobre, a fare più rumore delle partecipazioni.
Matteo Salvini e Giorgia Meloni avevano dato per certa già da ieri la loro non partecipazione: anzi, l’indicazione in Fratelli d’Italia è quella di continuare a incalzare i partiti di governo per spingere la ministra dell’Interno alle dimissioni. Luciana Lamorgese viene additata come responsabile delle violenze dello scorso sabato, sfociate nell’assalto alla sede del sindacato. Sembra, poi, cadere nel vuoto la chiamata alla responsabilità dell’otto volte deputato di Forza Italia Elio Vito. Lui ci sarà alla manifestazione in piazza San Giovanni, e ha rivolto «a Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini un appello a partecipare alla manifestazione. Con le loro responsabilità istituzionali e le loro sensibilità possono contribuire a riparare all’errore che stanno compiendo Forza Italia e il centrodestra».
Chi non ci sarà
Niente da fare, Forza Italia non è tornata sui suoi passi: la partecipazione del partito berlusconiano era vincolata a un cambio della data della protesta. Troppo rischioso scendere in piazza con la maggior parte del centrosinistra e dare, invece, un segnale di rottura con il centrodestra, alla vigilia dei ballottaggi delle comunali. Tra i primi a esprimere solidarietà alla Cgil, poi, era stato il leader di Azione Carlo Calenda, reduce dal miglior risultato di lista alle elezioni capitoline. Forse per questo sorprende di più l’assenza dell’europarlamentare alla manifestazione dei sindacati. Ha spiegato i motivi, per evitare ogni equivoco, già da ieri, ora di pranzo: «Io avevo aderito alla manifestazione immediatamente, i sindacati sono una istituzione democratica e vanno preservati, una manifestazione contro un gesto di violenza fascista aperta a tutti. Ora mi trovo non più solo quello, ma una piattaforma politica e sociale, secondo me completamente sbagliata, che non può esserci se si vuole fare una grande manifestazione di tutti, dove dovrebbero esserci anche i rappresentanti della destra». Nello specifico, Calenda ha criticato le intenzioni della manifestazioni, tra le quali si rivendica «la riduzione dell’età pensionabile, la redistribuzione del lavoro e altre amenità».
Da Forza Nuova alle pensioni
Non è arrivato il chiarimento che il leader di Azione aveva chiesto a Maurizio Landini, segretario generale della Cgil: «È scorretto annunciare una manifestazione su un tema trasversale, a cui la destra avrebbe dovuto aderire, e poi farla diventare una piattaforma sindacale. Doveva essere una manifestazione in difesa della democrazia, è diventata una questione di lotta politica, fatta tra l’altro il giorno prima delle elezioni durante il silenzio elettorale». E ancora, ha spiegato Calenda al Foglio: «Abbiamo mobilitato tutti gli iscritti e i simpatizzanti e ci troviamo, il giorno prima, con l’oggetto della manifestazione parzialmente cambiato ad uso di una piattaforma sindacale. Non capisco perché abbiano fatto una cosa del genere – e ha concluso -. Se da quel palco Landini parla di Quota 100, nazionalizzazioni e tamponi gratuiti è un grosso problema». Con toni diversi, Calenda ha scelto di schierarsi dal lato di chi non ha ritenuto opportuna la manifestazione alla vigilia del voto su temi di chiaro indirizzo politico e non trasversali. Diverse le motivazioni del centrodestra. Appellandosi comunque al rispetto del silenzio elettorali, Meloni ha respinto «il tentativo di scaricare le responsabilità all’unica opposizione», mentre Salvini ha definito «la piazza di parte. Ora bisognerebbe parlare a tutti, contro gli estremisti, senza andare alla guerra».
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