Per l’Iss gran parte dei morti nella pandemia non li ha causati la Covid? No! Ecco cosa dice il report citato da Il Tempo
Un articolo pubblicato il 21 ottobre 2021 da Il Tempo, a firma Franco Bechis, ha riportato a galla uno dei cavalli di battaglia dei negazionisti della Covid, ossia quello della classificazione dei decessi dovuti al virus: «Gran pasticcio nel rapporto sui decessi. Per l’Iss gran parte dei morti non li ha causati il Covid», titola il pezzo. Abbiamo trattato e spiegato questi argomenti in alcuni articoli di Open Fact-checking (qui e qui).
Per chi ha fretta
- L’articolo de Il Tempo pone il dubbio sulla classificazione dei decessi Covid nell’arco della pandemia.
- L’articolo cita i dati del report dell’Iss del 5 ottobre 2021, ma solo parzialmente.
- L’articolo riporta le patologie dei pazienti deceduti, ma non le complicanze legate al Sars-Cov-2.
- Il report cita che il 93,6% dei 7.910 pazienti (parliamo di circa 7.400 persone) aveva riscontrato una complicanza della malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2, ossia l’insufficienza respiratoria acuta.
- Queste informazioni sono note fin da marzo 2020, riportate nei report dell’Iss dell’epoca e non risultano affatto una novità.
- Le linee guida di classificazione dei deceduti Covid sono note dal 2020 e spiegate nelle FAQ istituzionali, riportando anche la modulistica e mostrando alcuni esempi da non classificare come Covid.
Analisi
Il rapporto dell’Iss citato da Bechis (che non risulta linkato) è quello del 5 ottobre 2021, l’ultimo pubblicato e attualmente disponibile (qui). Le analisi si basano sul seguente campione: «7.910 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche». Gli autori specificano che si tratta di un campione «di tipo opportunistico» e che «rappresenta solo i decessi in soggetti che hanno avuto necessità del ricovero».
Ecco l’introduzione dell’articolo pubblicato da Il Tempo:
Secondo il nuovo rapporto (che non veniva aggiornato da luglio) dell’Istituto superiore di Sanità sulla mortalità per Covid, il virus che ha messo in ginocchio il mondo avrebbe ucciso assai meno di una comune influenza. Sembra un’affermazione strampalata e da no vax, ma secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19. Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé. Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l’Iss dunque lasciavano già loro poca speranza.
Le informazioni in merito ai deceduti Covid sono note fin dai primi rapporti dell’Iss e ampiamente spiegate, in particolare a seguito di strumentalizzazioni da parte di personaggi come Stefano Montanari e Rosario Marcianò (ne parliamo qui), entrambi seguiti negli ambienti del complottismo in Italia.
Una premessa. Sebbene il titolo riporti una “sicurezza” da parte dell’autore del pezzo («Gran pasticcio nel rapporto sui decessi. Per l’Iss gran parte dei morti non li ha causati il Covid»), nel testo afferma di avere dei dubbi e pone delle domande su quanto avrebbe riscontrato («Uso il condizionale perché qualche dubbio ho su quel che viene scritto fin dal primo giorno in quel rapporto»).
Le patologie dei deceduti
Bechis dichiara quanto segue nel suo intervento: «Perché tutti gli altri italiani che hanno perso la vita avevano da una a cinque malattie che secondo l’Iss dunque lasciavano già loro poca speranza». Ecco i dati riportati nell’articolo:
Addirittura il 67,7% ne avrebbe avuto insieme più di tre malattie contemporanee, e il 18% almeno due insieme. Ora personalmente conosco tanta gente, ma nessuno che abbia la sfortuna di avere cinque malattie gravi nello stesso tempo. Vorrei fidarmi dei nostri scienziati, poi vado a leggere i malanni elencati che sarebbero ragione non secondaria della perdita di tanti italiani e qualche dubbio da profano comincio a nutrire. Secondo l’Iss il 65,8% degli italiani che non ci sono più dopo essere stati infettati dal Covid era malato di ipertensione arteriosa, e cioè aveva la pressione alta. Il 23,5% era anche demente, il 29,3% aggiungeva ai malanni un po’ di diabete, il 24,8% pure fibrillazione atriale. E non basta: il 17,4% aveva già i polmoni ammalati, il 16,3% aveva avuto un cancro negli ultimi 5 anni; il 15,7% soffriva di scompenso cardiaco, il 28% aveva una cardiopatia ischemica, il 24,8% soffriva di fibrillazione atriale, più di uno ogni dieci era anche obeso, più di uno su dieci aveva avuto un ictus, e altri ancora sia pure in percentuale più ridotta aveva problemi gravi al fegato, dialisi e malattie auto-immuni.
Ecco il grafico dove troviamo le percentuali (ultima colonna a destra) citate da Bechis:
Le complicanze dei pazienti deceduti
Di fronte alle patologie dei pazienti deceduti, l’autore dell’articolo pone una domanda:
E come facevamo ad avere quasi 126 mila italiani ridotti in quelle condizioni con 3, 4 o 5 malattie gravi, destinati comunque ad andarsene se anche non fosse mai esistito il Coronavirus in poco tempo? Quei numeri sarebbero un atto di accusa clamoroso nei confronti del sistema sanitario italiano da cui pure provengono.
La risposta è presente nella stessa pagina del report citata da Bechis, informazioni non riportate nell’articolo de Il Tempo: i dati della tabella delle complicanze.
Ecco quanto riportato dall’Iss in merito alle complicanze dei pazienti deceduti:
L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente riportata nel campione di deceduti per cui sono state analizzate le cartelle cliniche (93,6%), seguita da danno renale acuto (24,9%), sovrainfezione (20,1%) e danno miocardico acuto (10,2%).
Nel campione in esame, composto da 7.910 deceduti, il 93,6% (parliamo di circa 7.400 persone) ha riscontrato una complicanza della malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2, ossia l’insufficienza respiratoria acuta.
La loro fine era comunque vicina?
Nelle conclusioni dell’articolo, Bechis sostiene quanto segue: «Bisognava dire che questo virus non uccideva in sé, ma accompagnato ad altri malanni in persone fragili poteva affrettare una fine che comunque era vicina». Questa discussione non è nuova. A spiegare la situazione è Enrico Bucci, adjunct professor alla Temple University ed esperto nel revisionare di studi scientifici, in un articolo de Il Foglio del 20 marzo 2020 dal titolo «La grammatica dell’epidemia. Si muore “per” e non “con” il virus»:
Abbiamo quindi un agente selettivo all’opera, che aumenta il rischio di morte di certi specifici pazienti, non di tutti. Questo è in profondo disaccordo con l’idea che il virus si trovi di passaggio su quei soggetti, in cui la malattia avrebbe fatto il suo naturale corso. In realtà, è evidente che un agente attivo ne causa il peggioramento selettivo, per cui muoiono molto di più dell’atteso (o prima, il che è lo stesso).
[…] resta il fatto, tuttavia, che gli indizi che il virus ci ha lasciato permettono già di imputargli quelle morti evitabili, ben al di sopra dei pochi morti senza altre patologie. Con buona pace degli esercizi grammaticali, che non consolano né ingannano nessuno.
In un articolo del 15 maggio 2020, pubblicato da IlSole24Ore, vengono riportata un’analisi preliminare dell’Università di Glasgow ed Edimburgo riguardo le probabilità di sopravvivenza dei pazienti con una o più patologie in assenza della Covid. Nelle conclusioni dell’analisi, pubblicata in peer review nel 2021, i ricercatori affermano che «sembra esserci un onere considerevole di anni di vita persi» a causa della Covid.
In un articolo del 2019, pubblicato da QuotidianoSanità, vengono riportati i dati relativi al numero dei cittadini con almeno una malattia cronica: «Solo lo scorso anno le malattie croniche hanno interessato quasi il 40% della popolazione del Belpaese, cioè 24 milioni di italiani e di questi 12,5 milioni sono afflitti da multi-cronicità. Numeri importanti destinati a crescere, le proiezioni per il futuro indicano infatti che tra 10 anni, quindi nel 2028, il numero di malati cronici salirà a 25 milioni, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni».
Il dati del report non sono nuovi
I dati relativi alle patologie dei pazienti deceduti e le complicanze relative alla Covid sono note non dal 2021 e nemmeno dal dicembre 2020. Ne avevamo parlato in un articolo di Open Fact-checking del 22 marzo 2020 quando il campione del report del 17 marzo si aggirava intorno ai 2.000 pazienti:
L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente osservata in questo campione (97,2% di casi), danno renale acuto (27,8%), seguita da danno miocardico acuto (10,8%) e sovrainfezione (10,2%).
Le contestazioni all’articolo de Il Tempo
A contestare l’articolo de Il Tempo è stato anche il Prof. Ettore Meccia, senior scientist presso l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) in un post Facebook del 23 ottobre 2021 e in un suo articolo pubblicato su Valigia Blu. Ecco alcune parti salienti:
Il gran pasticcio che in effetti era un soufflé. Che si sgonfiò appena aperto il forno…
Due parole sul report dell’ISS sui decessi Covid, presentato da Il Tempo come un “gran pasticcio”. Fiducioso che non servano a nessuno. Ma magari abbiamo anche noi un amico che è stato su una di quelle pagine, quelle che hanno condiviso l’articolo de Il Tempo che racconta del report dell’ISS, quello che ha detto che per Covid sono morti in 4, e gli è venuto qualche dubbio che sia vero… Per chi ha fretta, ovviamente no, non è vero.
[…]
Poi, chi ha scritto quell’articolo non lo sa, ma chi ha scritto il report lo sa e lo sappiamo anche noi, che non si muore direttamente per l’infezione virale, ma per le conseguenze dell’infezione virale. Che sono tante, e tante le stiamo ancora scoprendo. E sappiamo anche che alcune condizioni patologiche croniche preesistenti all’infezione, come l’alta pressione arteriosa,le cardiopatie, l’obesità, il diabete, favoriscono l’infezione ed amplificano l’infiammazione che sarà innescata dall’infezione del virus e dalla nostra reazione immune (è l’immunità innata) fino a renderla incontrollabile, e molte di queste condizioni patologiche sono tipiche dell’età avanzata. Quindi è ovvio che persone più suscettibili si infettino di più, abbiano conseguenze più severe e muoiano di più. Ma questo lo sappiamo dalle fasi iniziali dell’epidemia, l’Istituto Superiore di Sanità non ha tenuto nascosto niente fino ad oggi e non ha scoperto niente di nuovo. E nemmeno Bechis.
Con le mie colleghe ne avevamo scritto già a maggio 2020 ( https://www.fisv.org/risposta-infiammatoria-e…/) ma poi in tanti ne hanno scritto meglio e di più.
Potremmo ricordare al nostro amico che queste sono condizioni croniche estremamente comuni, in genere tenute sotto controllo con qualche farmaco per molto tempo. La maggior parte di queste 130.000 persone senza il Covid sarebbero vissute tranquillamente ancora per anni, anche nelle loro condizioni. E certo non sarebbero morte tutte nel giro di poche settimane per insufficienza respiratoria (il 93,6% delle complicanze). Non sarebbero morte tutte con polmonite bilaterale e per crisi respiratoria acuta o insufficienza renale acuta due settimane dopo l’infezione del virus. L’ipertensione non provoca crisi respiratoria acuta, non provoca sindrome infiammatoria multiorgano. Queste persone non sono morte per l’età, per il diabete, per la pressione alta con cui convivevano da anni, ma per le conseguenze di un’infezione virale.
Del resto basta ricordarsi i picchi dell’eccesso di mortalità coincidenti con i picchi epidemici di marzo e novembre per capire che tutte quelle persone non sono morte col covid ma per covid.
Per finire il report ci conferma che i vaccini stanno funzionando, anche tra gli anziani. “Dal 01/02/2021 (inizio stimato dell’effetto delle vaccnazioni) al 05/10/2021 sono 38.096 i decessi SARS-COV-2 positivi. Tra questi 1.440 sono i decessi SARS-COV-2 positivi in vaccinati con ‘ciclo vaccinale completo’ (3,7% di tutti i decessi SARS-COV-2 positivi nel periodo in esame). Inoltre, i vaccinati che muoiono di Covid sono mediamente più vecchi ed hanno più comorbidità di quelli non vaccinati e muoiono meno di insufficienza respiratoria. Ovvero muoiono più con Covid che per Covid.
Le ospedalizzazioni, le terapie intensive e i costi
La Covid ha messo in seria difficoltà le strutture ospedaliere, costrette a inizio pandemia a trovare soluzioni per fornire sufficienti posti in terapia intensiva ai pazienti infettati. Un problema che si è visto non solo nel 2020, ma anche nel 2021.
Nei reparti Covid, come quello visitato da Open lo scorso 30 ottobre 2020, venivano ospitati diversi pazienti che necessitavano dell’ossigenazione e della respirazione assistita.
Non si devono affrontare solo i posti disponibili, ma anche i costi della loro gestione. Come riportato in un articolo del 31 ottobre 2020, in un report dell’Alta scuola di economia e management dei servizi sanitari dell’Università Cattolica si fa notare che vengono spesi 1.425 euro al giorno per ogni singolo ricovero in terapia intensiva, mentre sarebbero circa 706 euro al giorno per paziente per i ricoveri ordinari da Covid (una degenza di 12 giorni arriva a costare oltre 8.400 euro).
In un’altra analisi dell’Alta scuola di economia e management dei servizi sanitari dell’Università Cattolica, pubblicata il 3 ottobre 2021 da IlSole24Ore, tra il 13 agosto e il 12 settembre 2021 i ricoveri per Covid dei pazienti non vaccinati sono costati allo Stato 70 milioni di euro.
Hanno gonfiato i bollettini con falsi morti Covid?
Il report è basato su un campione di «7.910 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche». Detto questo, come vengono classificati i decessi? Se un positivo cade dalle scale e batte mortalmente la testa viene segnato come deceduto Covid? No! Il metodo lo abbiamo spiegato in un articolo di Open Fact-checking del 3 marzo 2021 a seguito di alcune contestazioni diffuse nel periodo.
In un rapporto dal titolo «COVID-19: rapporto ad interim su definizione, certificazione e classificazione delle cause di morte», pubblicato l’otto giugno 2020 dall’Istat, a pagina 19 troviamo un esempio del modulo da compilare per i decessi riguardanti positivi al test PCR da non classificare come Covid-19:
L’esempio riportato nel documento pone l’esempio di una persona deceduta a seguito di un accidente da trasporto con rottura dell’aorta e shock ipovolemico, classificato come «decesso non Covid-19» nonostante risulti positivo al test.
Le reazioni scatenate dall’articolo
A seguito della pubblicazione dell’articolo de Il Tempo, alcuni utenti e volti noti hanno diffuso i dati spacciandoli per una «clamorosa novità».
Tra questi Davide Barillari, consigliere regionale No Vax del Lazio, che afferma in un tweet quanto segue: «Invece che 130000….i morti per covid sono 3000. L’Istituto Superiore di Sanità conferma che ci hanno preso in giro x 2 anni. Ora…. SVEGLIAMOCI !!!!!! Questa emergenza deve FINIRE…basta tamponi, mascherine, greenpass… e BASTA con i tg spazzatura che mentono ogni sera».
Tra i post Facebook più condivisi, con oltre 31 mila condivisioni, troviamo quello di Leonardo Leone che riporta nel titolo un’informazione errata: «”HA UCCISO MENO DELL’INFLUENZA, È UFFICIALE”».
Circola, infine, un video di Alessandro Meluzzi che riporta le narrative proposte:
Conclusioni
L’articolo de Il Tempo ripropone nel 2021 un argomento ampiamente trattato nel 2020 in merito alla classificazione dei decessi legati alla Covid, citando parzialmente il report dell’Iss del 5 ottobre 2021 senza fornire al lettore la completezza dell’informazione che viene data nel documento stesso, soprattutto il tema delle complicanze dove risulta prevalente quella dell’insufficienza respiratoria acuta.
Nota – In data 25 ottobre 2021 è stato aggiunto un paragrafo dal titolo «Le contestazioni all’articolo de Il Tempo» che riporta le dichiarazioni del Prof. Ettore Meccia dell’Istituto Superiore di Sanità.
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