Coronavirus: quanto costa il piano B di Boris Johnson per fermare il contagio nel Regno Unito
Un costo economico di 18 miliardi di sterline, più di 21 miliardi di euro: è quanto pagherebbe la Gran Bretagna se optasse per cinque mesi di applicazione di quello che viene chiamato ‘piano b’ contro l’aumento dei contagi e la diffusione del Coronavirus nel paese. Un piano da più parti invocato di fronte agli ospedali al collasso. I documenti del governo ottenuti da Politico raccontano delle ipotesi sul tavolo del governo mentre il primo ministro Boris Johnson subisce enormi pressioni per il deteriorarsi della situazione dell’epidemia. Il governo, emerge dai documenti, ha preso seriamente in considerazione il passaggio al piano B, ipotizzando – con l’uso obbligatorio delle mascherine, il green pass e lo smart working – dovrebbe essere attuato per tutto l’inverno, fino alla fine di marzo 2022. Il Tesoro e la taskforce Covid-19, scrive Politico, calcolano che un tale passo avrebbe un effetto poco chiaro sulla prevenzione della diffusione del virus, mentre infliggerebbe un colpo pesantissimo all’economia. Un portavoce del governo ha affermato che le ipotesi delineate non riflettono” la strategia politica politica.
L’impatto
Mercoledì è prevista la dichiarazione di bilancio del cancelliere Rishi Sunak e la revisione della spesa pubblica. Nel frattempo i calcoli interni avvertono quindi che l’applicazione del piano b costerebbe all’economia tra gli 11 e i 18 miliardi di sterline fino a marzo 2022: più di 800 milioni di pound a settimana. Secondo la task force invece l’applicazione di un locale green pass ridurrebbe la trasmissione dei contagi del 40-45%. Ma avverte che, poiché solo il 2-13% della trasmissione complessiva della comunità avviene in luoghi coperti, ci sarebbe solo un «impatto moderato da una trasmissione ridotta della comunità». Le cifre suggeriscono che la certificazione ridurrebbe la trasmissione complessiva della comunità dell’1-5%. I passaporti dei vaccini avrebbero un «impatto elevato» sull’economia e potrebbero causare «impatti più ampi» esacerbando la crisi della catena di approvvigionamento britannica, si legge ancora.
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