Il caso dei test rapidi Biocredit (costati all’Italia 32 milioni): validi per la diagnosi, non per il Green pass. Caos tra medici di base e Rsa
Con l’introduzione del Green pass obbligatorio per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato, in assenza di vaccinazione, i test per rilevare il contagio da Coronavirus e ottenere la certificazione verde hanno visto un’impennata. Solo ieri, 26 ottobre, secondo l’ultimo bollettino della Protezione Civile e del Ministero della Salute, ne sono stati analizzati 639.745. Il numero comprende sia i tamponi molecolari, sia i test antigenici rapidi. Ma è proprio su quest’ultima tipologia di test che si è creato un cortocircuito per il rilascio del lasciapassare verde da parte dei medici di base, così come per l’attività di screening nelle Rsa degli ospiti e del personale. Lo scorso 20 ottobre, l’Health Security Committee dell’Unione Europea ha rimosso dalla lista dei test validi per ottenere il Green pass il test antigenico rapido Biocredit Covid 19 Ag, prodotto dall’azienda RapiGen. Questo specifico modello di test, però, viene utilizzato in diversi studi di medici di medicina generale, così come in diverse Rsa, e viene fornito dalla Protezione civile italiana. Per il paziente non ha nessun costo, ma non permette più di ottenere il Green pass. I test Biocredit erano stati acquistati dalla struttura commissariale per l’emergenza Covid sotto la guida di Domenico Arcuri, per un totale di 13 milioni di kit, con un costo complessivo di oltre 32 milioni di euro.
L’uso dei test Biocredit
L’uso da parte dei medici di medicina generale dei test Biocredit, però, si inseriva nell’accordo collettivo nazionale del 28 ottobre 2020 che sanciva l’obbligo per i medici di assistenza primaria (medici di base e pediatri, ndr) di effettuare i tamponi rapidi per la diagnosi e il tracciamento dei soggetti affetti da Covid-19 a totale carico del Ssn. Tuttavia, dopo la decisione dell’Health Security Committee di rimuovere i test Biocredit dalla lista dei tamponi antigenici rapidi utilizzabili per l’ottenimento del Green pass, la struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo ha avviato la fornitura di altri test certificati che possano essere impiegati sia per l’attività di screening sia per l’ottenimento della certificazione verde, sostituendo dunque le forniture di Biocredit. La situazione, al momento, è però caotica e da molti medici viene definita «paradossale». Secondo il vicepresidente della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) del Lazio, Alberto Chiriatti, comporta «un rischio concreto» per cui «la certificazione cartacea che noi rilasciamo dopo il tampone per attestare che un paziente positivo, o a fine isolamento per contatto diretto, o se è tornato negativo, non venga accettata nei luoghi di lavoro o a scuola, perché ritenuta insufficiente senza il Green pass, andando a inficiare il nostro lavoro», come spiegato a Repubblica.
Quali test fare per ottenere il Green pass?
Insomma, i test rapidi antigenici Biocredit attualmente ancora disponibili dai medici di base e dai pediatri, così come nelle Rsa, al momento possono essere utilizzati unicamente per rilevare l’eventuale contagio, ma non possono essere impiegati per il rilascio del Green pass, anche se il test dovesse dare esito negativo. In attesa delle nuove forniture di test compatibili per entrambi i fini da parte della struttura commissariale d’emergenza contro il Covid, per ottenere il Green pass è necessario sottoporsi ad altri tipi di test, tra cui i tamponi molecolari a pagamento che si possono eseguire presso le farmacie o altre strutture autorizzate che certifichino la negatività del paziente.
Foto in copertina: ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI
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