Cop26 di Glasgow, al via il summit sul Clima più importante degli ultimi anni: la sfida dei leader e il rischio flop – Il video
Il summit globale più atteso degli ultimi anni è iniziato. Si aprono oggi, 31 ottobre, i lavori della Cop26 di Glasgow, la Conferenza delle Nazioni Unite si cambiamenti climatici, che durerà fino al 12 novembre. L’appuntamento è particolarmente importante perché arriva a 6 anni dagli accordi di Parigi del 2015, nei quali 196 Paesi si sono impegnati a fare in modo che l’aumento del riscaldamento globale rispetto ai livelli preindustriali rimanga al di sotto dei 2 gradi Celsius, preferibilmente 1,5. I prossimi dieci anni saranno cruciali: a Glasgow, i leader mondiali dovranno presentare i piani studiati in questi anni per fare in modo di mantenere fede all’obiettivo entro la deadline del 2030. L’ultimo anno ci ha visti testimoni e vittime di eventi catastrofici nelle più diverse aree del mondo. Dalle inondazioni in Uganda e in Turchia alle piogge in Groenlandia, dagli incendi in Europa e Nord Africa a quelli in Siberia, l’attenzione sul tema è alle stelle. L’ultimo report dell’Ipcc ha accertato la responsabilità dell’essere umano nel disastro climatico, e i giovani attivisti chiedono nelle piazze e nelle sedi istituzionali di prendere decisioni radicali.
Ma nonostante l’urgenza, il rischio che non tutto vada come sperato è concreto. A pochi giorni dall’inizio del vertice, le Nazioni Unite hanno presentato il nuovo Production Gap Report, dal risultato piuttosto scoraggiante. Nel documento si evidenzia che, se gli Stati non cambieranno immediatamente rotta, al 2030 si avrà una riduzione solo del 7,5% delle emissioni annue di gas serra: una percentuale molto più bassa del 55% necessario a mantenere la temperatura sotto il grado e mezzo. Nel descrivere il report, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha commentato che «a meno di una settimana dalla Cop26 di Glasgow siamo sulla buona strada per la catastrofe». Nel corso dei prossimi giorni, gli occhi saranno puntati soprattutto sui due grandi colossi dell’inquinamento: gli Stati Uniti e la Cina.
October 28, 2021
I giganti dell’inquinamento: Usa vs Cina
Gli Stati Uniti, che sono storicamente il Paese più inquinante, superano nettamente la Cina per numero di emissioni pro capite (15% contro il 6%). La Cina, però, negli ultimi anni non ha eguali per quantità di gas serra rilasciati: secondo gli ultimi dati, è responsabile del 27% delle emissioni globali, contro l’11% degli Usa. Nonostante l’impegno che ci si aspetta da entrambi, nessuno dei due Paesi si presenta bene alla Conferenza. Xi Jinping, a capo della Repubblica popolare, ha già fatto sapere che non prenderà parte in prima persona al summit, mentre Joe Biden, leader democratico degli States, rischia di arrivare senza nulla in mano. Biden sta cercando di convincere il suo stesso partito a ad appoggiare il Build back better Act, il piano da quasi 2 mila miliardi di dollari che contiene anche il piano per la riduzione delle emissioni.
I grandi assenti
Oltre a Jinping, mancheranno all’appello anche il presidente russo Vladimir Putin e il presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Mentre quest’ultimo dovrà affrontare un processo per crimini contro l’umanità legato alla sua gestione dell’epidemia di Covid-19, Putin ha assicurato che la delegazione russa «di livello» sarà presente, pur con obiettivi diversi. Il Cremlino vorrebbe, come altre potenze, spostare la scadenza per le emissioni zero dal 2050 al 2060, e lo ha comunicato a Boris Johnson, incaricato di fare gli onori di casa alla Cop26. Il premier britannico sta cercando insieme al presidente del Consiglio italiano Mario Draghi di arrivare a Glasgow con una tela di rapporti già intrecciata. Mentre Draghi ha voluto cogliere l’occasione del G20 a Roma di questo weekend (e della PreCop di Milano di inizio ottobre) per raccogliere consensi sulla lotta alle emissioni, Johnson ha passato le ultime settimane al telefono con i leader mondiali per evitare il rischio flop. L’assenza di Putin, però, ha abbassato le aspettative di Johnson. Tanto che il premier britannico ha definito le possibilità di successo del summit «incerte».
Chi rema contro
A far presagire il rischio «bla bla bla» (Greta Thunberg dixit), c’è il ruolo ingombrante di chi, anche di nascosto, cerca di rallentare i progressi. Un’inchiesta di Greenpeace ha rivelato che alcuni Stati e diverse lobby hanno tentato di truccare il rapporto dell’Ipcc sul clima, facendo pressioni sul gruppo delle Nazioni Unite affinché rivedessero le conclusioni più scomode per poter continuare al solito regime di emissioni per più tempo del previsto. Tra i Paesi coinvolti ci sono l’Arabia Saudita, il Giappone e l’Australia.
Immagine di copertina: EPA/Robert Perry
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