«Se fossi in lei non lo farei». Il caso della centralinista della Asl licenziata per aver sconsigliato il vaccino a una donna incinta
«Se io se fossi in lei non lo farei». Questo il consiglio non richiesto elargito da una centralinista a una giovane donna incinta che aveva telefonato al Cup di Cesena per prenotare la prima dose di vaccino anti-Covid. Un parere che è costato caro alla lavoratrice del Cuptel dell’Ausl Romagna che è stata licenziata in tronco per giusta causa. La vicenda risale a un paio di mesi fa ed è stata denunciata dal marito della donna in gravidanza. La centralinista che ha perso il lavoro è una 51enne residente a Cattolica (in provincia di Rimini). La donna in gravidanza è invece una giovane residente a Faenza che, durante la telefonata costata il posto alla centralinista, aveva espresso i propri timori sulla somministrazione del vaccino visto lo stato interessante in cui si trova. La centralinista si è giustificata raccontando di ricordare che la donna era «molto combattuta, esprimeva il suo sfogo e le sue indecisioni sul vaccino». «Io, forse peccando di ingenuità, mi sono lasciata sfuggire le parole “io se fossi in lei non lo farei”. Ma alla fine le ho comunque prenotato la prima dose». Nonostante tutte le spiegazioni, la cooperativa per la quale lavorava è stata irremovibile. E la 51enne è stata licenziata.
«Nessuno può permettersi di dare consigli senza avere le competenze necessarie», ha affermato la presidente della cooperativa Asso, Cristina Gallinucci. «Il mio mondo è crollato, mi sono ritrovata improvvisamente senza un lavoro. Sola con una figlia di venti anni da mantenere, al secondo anno di università e non ho reddito – si è sfogata la centralinista licenziata -. Vivevo con questo stipendio e ora devo aspettare due mesi prima di poter chiedere la disoccupazione che non so neanche se e quando arriverà. Cerco di non deprimermi e di non abbattermi, ma è dura – ha continuato -. Ho fatto questo lavoro per 16 anni e non è semplice alla mia età trovare un’altra occupazione. So che il mio dovere era solo quello di prenotare, ma in me ha prevalso la carica di umanità».
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