Sulla Cop26 Draghi frena gli entusiasmi: «Negoziato difficile, non si risolve da soli» – La diretta
Secondo giorno di Cop26, quello dei leader politici che, dal G20 di Roma, si sono trasferiti a Glasgow per la conferenza sul clima. Mario Draghi, al termine della giornata e dopo essere intervenuto durante la tavola rotonda Action and Solidarity – the Critical Decade, ha tenuto una conferenza stampa per i giornalisti italiani. «L’esperienza degli ultimi anni – per carità si sta trattando meglio l’argomento di come si faceva prima, quando si ignorava il problema -, ci ha mostrato una partecipazione non coerente con gli impegni che sono stati presi collettivamente di quei Paesi che poi sono quelli che inquinano di più». Per spiegare le difficoltà che si stanno riscontrando nel trovare un accordo globale sul contrasto al cambiamento climatico, Draghi ha parlato di condizioni di partenza diverse nelle quali si trovano le Nazioni. «Ci sono Paesi ricchi che però emettono molto più di altri Paesi perché non hanno intrapreso un percorso di riduzione delle emissioni efficace come quello dell’Unione europea, che conta l’8% delle emissioni globali».
Il presidente del Consiglio ha citato il caso della Cina, responsabile per il 28% delle emissioni globali, e degli Stati Uniti, che concorre per il 17-18%. «Le condizioni di partenza sono diverse anche perché i Paesi si trovano a uno stadio differente della propria storia economica. Ci sono quegli Stati che stanno conoscendo solo recentemente prosperità e che non vogliono abbandonare la strada della crescita, dopo che l’Occidente, per decenni, ha contribuito quasi esclusivamente all’inquinamento dell’atmosfera». Fatte queste premesse, Draghi ha detto di confidare comunque che dalla Cop26 emerga un accordo «costruito sui risultati del G20 e che vada più in là». Ribadendo che questa conferenza traccia un percorso «che dovremo intraprendere tutti insieme per dare risposta al problema – del clima – che non possiamo risolvere da soli. Un singolo Paese non può rispondere a questi problemi e questa forse è la più importante iniziativa collettiva diretta a questo fine».
«I Paesi colpevoli sono moltissimi, gli innocenti pochissimi: non serve lo scontro»
Su Russia e Cina – i cui leader non hanno presenziato nemmeno al G20 di Roma -, Draghi ha detto che «ci sono stati spostamenti delle posizioni precedentemente assunte sul tema del clima. Sul piano degli obiettivi, delle ambizioni, non ci sono molte differenze. Sulla velocità con cui affrontare le sfide ancora ci sono divergenze. Che sia stato per la prima volta accettato da tutti che i gradi necessari siano un grado e mezzo e non due è molto importante. Questo impegna questi Paesi ad azioni coerenti di fronte all’opinione pubblica. Non so come evolverà qui il negoziato, ma l’impressione è che ci sia disponibilità a parlare e fare passi avanti». Tuttavia, il premier ha anche chiarito che, dal suo punto di vista, non esistono Paesi colpevoli e Paesi innocenti nella lotta al cambiamento climatico. «Ci sono comportamenti poco coerenti e questo indebolisce la posizione dei Paesi molto virtuosi. Non credo si ottenga molto sul clima indicando i Paesi colpevoli e i Paesi innocenti, perché i colpevoli sono moltissimi e gli innocenti sono pochissimi». Ha invitato alla diplomazia, rifuggendo lo scontro, anche perché Paesi come l’India – tra i principali responsabili delle emissioni globali – al G20 hanno aiutato sull’obiettivo di neutralità carbonica da raggiungere entro la metà del secolo.
«Portare i capitali privati nella lotta al cambiamento climatico»
Lamentando che con la ripresa delle attività economiche le emissioni sono tornate già oltre i livelli pre-Covid, il presidente del Consiglio si è soffermato sul rapporto tra entità pubbliche e società private per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente. «Se si riesce a portare dentro i capitali privati nella lotta al cambiamento climatico ci si accorge che non ci sono vincoli finanziari. È necessario che il settore pubblico aiuti questo denaro privato a suddividere il rischio. Questi investimenti – ha continuato – hanno gradi di rischio di diversa misura e non possono essere sopportati dal solo settore privato». Per questo motivo, Draghi ha invitato le banche multilaterali «e in primis la Banca Mondiale» ad agire, auspicando che si crei una task force che possa elaborare immediatamente questo concetto «a cui lavoreranno i tecnici delle Nazioni Unite. Sono abbastanza certo – ha aggiunto – che questo succederà nel corso di queste settimane».
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