Cop26, c’è l’accordo per fermare la deforestazione entro il 2030: firmano anche Brasile, Cina e Russia
Un impegno dal valore di 19,2 miliardi di dollari per porre lo stop alla deforestazione entro il 2030. Lo sigleranno i leader mondiali riuniti in Scozia, per la Cop26. L’accordo sarà firmato oggi, 2 novembre, nel terzo giorno della conferenza di Glasgow. Sulla stampa britannica – che ha anticipato la notizia – è comparso anche il commento del premier del Regno Unito Boris Johnson: «Questi grandi ecosistemi brulicanti, queste cattedrali della natura, sono i polmoni del nostro pianeta». L’intesa assume un significato particolare perché, ad accettarla, ci sono i governi di 28 Paesi che possiedono complessivamente l’85% delle foreste mondiali. Tra questi, Brasile, Cina, Indonesia, Repubblica Democratica del Congo e Russia. Parte dei 19,2 miliardi di dollari sarà destinati agli Stati in via di sviluppo ripristinare i terreni danneggiati, affrontare la piaga degli incendi boschivi e sostenere le comunità indigene. Un fondo ad hoc – dall’ammontare di 1,5 miliardi di dollari, sarà dedicato esclusivamente alla salvaguardia della seconda foresta pluviale più estesa del pianeta, nel bacino del Congo. Tra i vari oneri assunti dalla Nazioni firmatarie, c’è anche la rimozione dal commercio internazionale di prodotti agricoli come l’olio di palma, la soia e il cacao, la cui coltivazione è tra le più impattanti sulla piaga dell’abbattimento delle foreste.
Guterres: «Obiettivo di 1,5 gradi è ancora realizzabile»
Intanto, il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, attraverso le pagine del Corriere della Sera, manda un messaggio di fiducia per la lotta al cambiamento climatico: «Siamo molto lontani dall’obiettivo di 1,5 gradi Celsius su cui il mondo si accordò a Parigi. Un obiettivo che, ci dice la scienza, rappresenta il solo percorso sostenibile per il nostro mondo. Ma se riduciamo le emissioni globali del 45%, rispetto ai livelli del 2010, in questo decennio, l’obiettivo è pienamente realizzabile». Guterres ritiene che «tutti i Paesi devono capire che il vecchio modello di sviluppo fondato sul carbone costituisce una sentenza di condanna a morte per le loro economie e il nostro pianeta. Dobbiamo decarbonizzare adesso, in tutti i settori e in tutti gli Stati. Dobbiamo dirottare i sussidi dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, e tassare l’inquinamento, non le persone. Dobbiamo mettere un prezzo al carbonio, e indirizzare queste somme verso lavori e infrastrutture resilienti. Bisogna anche – aggiunge – che gli individui in ogni società facciano scelte migliori e più responsabili su ciò che mangiano e acquistano e su come viaggiano. Occorre altresì che il mondo industrializzato faccia urgentemente fede al proprio impegno di investire almeno 100 miliardi di dollari l’anno in finanza climatica in favore dei Paesi in via di sviluppo – e conclude -. C’è una sola strada davanti a noi. Un futuro a 1,5 gradi è l’unico praticabile per l’umanità. Sta ai governanti rinnovare il proprio impegno su questo a Glasgow, prima che sia troppo tardi».
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