Le promesse sul clima? Per il Nobel Giorgio Parisi «senza un piano dettagliato», restano solo i bla bla bla
Le nazioni sono in concorrenza per il loro benessere economico. E questo frena le azioni per un bene più elevato: quello della tutela del clima. Non è ottimista, il premio Nobel per la Fisica 2021 Giorgio Parisi, di fronte ai risultati del G20 e ora alla Cop26. Studioso dei sistemi complessi, come è quello del clima, Parisi, 73 anni, avverte che il limite di 1,5 gradi posto al riscaldamento globale al summit del G20 a Roma allo stato attuale è e resta solo teoria. Se non si realizza un piano dettagliato, e condiviso dalle nazioni, è difficile pensare che la promessa sia mantenuta, dice oggi in un’intervista al Corriere della Sera. Gli impegni teorici ottenuti a Roma si accompagnano infatti a posizioni diverse emerse ancora una volta a Glasgow. «Si tratta di economie nazionali in concorrenza fra di loro», spiega Parisi. Che si dice d’accordo con le parole del segretario delle Nazioni Unite António Guterres: «speranze disattese, ma almeno non sepolte». «Il problema fondamentale è “frenare” queste economie per rallentare le emissioni e farlo con il consenso delle popolazioni».
Mentre i 100 miliardi di dollari all’anno da garantire ai Paesi in via di sviluppo «per aiutarli nell’acquisire tecnologie energetiche non inquinanti» sono per il premio Nobel «noccioline per i Paesi ricchi, ma ancora molti di quei soldi non sono stati erogati. Si torna sempre al “prometti tanto e mantieni poco”». Necessario quindi ricorrere alle rinnovabili: «A cominciare dal risparmio. Costruiamo mega-città verso le quali si incolonnano ogni giorno code di automobili… è evidente che occorre trovare il modo di consumare meno aumentando i servizi pubblici», cambiando le abitudini, prediligendo il car sharing per esempio e e diminuendo le automobili, dice il fisico. E implementando d’altro canto l’efficienza energetica di abitazioni e processi industriali.
Il ritorno al nucleare
Sull’ipotesi del ritorno al nucleare il fisico avverte: «Bisogna guardare al rapporto danni benefici e tutto dipende dal Paese. Se Chernobyl fosse stata in Val Padana, con una popolazione molto superiore a quella zona dell’allora Urss, avrebbe provocato milioni di morti. In ogni caso è da escludere in Paesi come l’Italia densamente abitati», spiega. E la quarta generazione degli impianti nucleari a fissione «di cui si parla perché più sicuri» resta al momento allo stadio di prototipi «che devono dimostrare la loro qualità; tuttavia sono sempre da escludere dove vive la gente. È diverso se i cinesi vogliono realizzarle in zone remote».
Emissioni zero
Insomma, arriveremo mai a «emissioni zero» per la metà del secolo? «Senza un piano preciso è un’illusione». E nel nostro stesso paese la lotta al cambiamento climatico potrebbe migliorare: «Ho l’impressione che le cose non siano ben capite e ritenute necessarie. Non vedo la gente che installa pannelli solari sui tetti. A Roma se facciamo una ricognizione, sui tetti vediamo più piscine che celle solari. È evidente che le amministrazioni comunali dovrebbero predisporre regole e sollecitareicondomini per attuare degli interventi, magari offrendo assistenza ai progetti senza onere alcuno».
In copertina ANSA/MASSIMO PERCOSSI | Giorgio Parisi all’Università La Sapienza di Roma, 5 ottobre 2021.
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