Afghanistan, uccisa un’attivista per le donne. La sorella: «I proiettili le hanno distrutto la faccia»
Lo scorso 20 ottobre si perdono le tracce di Safi Frozan. Attivista di 29 anni e docente di economia, la donna abitava nel Nord dell’Afghanistan. Dopo oltre due settimane di ricerche da parte dei famigliari, il suo corpo è stato identificato in un obitorio della città di Mazar-i-Sharif. «L’abbiamo riconosciuta dai suoi vestiti. I proiettili le hanno distrutto la faccia», ha dichiarato Rita Frozan, sua sorella. Con precisione medica – Rita è una dottoressa -, la donna ha descritto lo stato in cui è stato ritrovato il corpo: «C’erano ferite da proiettile dappertutto, troppe da contare, sulla testa, sul cuore, sul petto, sui reni e sulle gambe». Spariti l’anello di fidanzamento che portava sempre al dito e la borsa. Benché il direttore per le Informazioni e gli Affari culturali della provincia, il talebano Zabihullah Noorani, abbia ventilato l’ipotesi che Safi e altre tre persone – trovate morte in una casa nella zona di Khalid bin Walid – siano vittime di una «vendetta personale», si fa largo l’idea che l’omicidio di Safi sia la prima uccisione nota di una difensore dei diritti delle donne dalla caduta di Kabul dello scorso 15 agosto. Il portavoce del ministero degli Interni di Kabul ha escluso il coinvolgimento dei talebani nella strage: le autorità hanno annunciato la cattura di due sospetti. «Le persone arrestate hanno ammesso durante l’interrogatorio iniziale che le donne erano state invitate a casa da loro – ha dichiarato Qari Sayed Khosti -. Sono in corso ulteriori indagini e il caso e’ stato deferito al tribunale». Safi, secondo quanto riferito dai parenti, aveva partecipato a diverse manifestazioni contro la segregazione delle donne operata dai talebani al potere. L’attivista aveva anche ricevuto una raccomandazione telefonica anonima di andarsene. Per questo, aveva presentato una richiesta di asilo in Germania.
Foto in anteprima: EPA/SAYED MUSTAFA | Veduta della Moschea Blu di Mazar-i-Sharif
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