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Lo strano caso di Nicola Morra, l’ex M5s che rivuole l’indennità: «I 1.300 euro servono per l’addetto stampa»

07 Novembre 2021 - 09:49 Redazione
nicola morra indennità
nicola morra indennità
Il senatore aveva rinunciato ai 1.300 euro in più al mese e si era vantato del buon esempio dato dai grillini. Ma adesso che è stato espulso ha cambiato idea

Nicola Morra è uno dei senatori del MoVimento 5 Stelle che sono stati espulsi dal partito per non aver votato la fiducia al governo Draghi. Come da prammatica grillina, Morra da presidente della Commissione Antimafia aveva rinunciato all’indennità all’epoca della nomina. Ora, fa sapere Il Fatto Quotidiano, il senatore ha scritto alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati per chiedere il ripristino dell’indennità. E anche gli arretrati, se possibile. Ma Morra su Facebook ha contestato la ricostruzione del quotidiano, sostenendo che i soldi servono ad assumere un addetto stampa.

Il senatore ex M5s e l’indennità

Il quotidiano racconta che il 22 ottobre Morra ha preso carta e penna per scrivere alla Casellati che rivuole fino alla fine della legislatura l’indennità di carica, che ammonta a circa 1.300 euro netti in più al mese. E alla presidente del Senato ha chiesto pure se sia possibile riavere indietro gli arretrati, con la corresponsione di tutte le indennità di carica non percepite da quando siede alla presidenza dell’Antimafia. Visto che la sua elezione è datata novembre 2018, l’ammontare totale delle indennità a cui ha rinunciato è all’incirca di 50mila euro. E, fa sapere il quotidiano, al Senato la richiesta ha lasciato tutti di stucco. Anche perché era proprio Morra che nell’aprile dello stesso anno si vantava della moda lanciata dai grillini riguardo la denuncia alle indennità di carica.

Su Facebook Morra ha risposto all’articolo del Fatto in un lungo post nel quale ha spiegato la motivazione della richiesta a Casellati:

Io ho sempre rinunciato volontariamente a questa indennità di €1.300 nette al mese. Nel frattempo ho sempre restituito regolarmente anche la parte del mio stipendio che secondo le regole M5S avrei dovuto restituire. Ed anche ora accantono la stessa somma, invece di prendermi l’intero stipendio.

Con le risorse che mi restavano, ci pagavo i miei collaboratori (un numero esiguo, ora ridotto a due). Il Movimento 5 Stelle, di cui facevo parte prima di essere espulso per non aver votato la fiducia a Draghi, mi aiutava prestandomi una figura professionale, part-time, da dividere con altri colleghi che avevano impegni di governo. Un addetto stampa.

Dunque, come Presidenza della Commissione Antimafia, avevamo un solo giornalista addetto stampa part-time e impegnato, giustamente, nelle attività del Movimento che lo metteva a disposizione, nei limiti del possibile (anche umanamente parlando, visto che questa persona si ritrovava prevedibilmente sommersa di lavoro).

Avevo, infatti, chiesto – e lo possono confermare – ai capigruppo del M5S in Senato, Stefano Patuanelli prima e Gianluca Perilli dopo, di poter avere una figura professionale dedicata, come addetto stampa del presidente della Commissione Antimafia e della Commissione stessa, mettendo a disposizione del M5S l’indennità, da presidente appunto, di €1300. Non è stato possibile. Siamo andati avanti in quel modo.

Dunque, ora che non ho più un gruppo politico a “prestarmi” figure professionali e dovendo necessariamente assumere un addetto stampa che possa comunicare all’esterno il lavoro della Commissione Antimafia e le attività del presidente, ho chiesto di poter avere l’indennità che mi spetta, in modo da poterci pagare un lavoratore, un giornalista addetto stampa che comunicasse il lavoro fatto.

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