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Smart working, la proposta per gli statali: rimborso delle bollette di luce e gas legato al rendimento

07 Novembre 2021 - 11:15 Redazione
Sono 3,2 milioni i dipendenti della pubblica amministrazione per i quali si studiano nuove modalità di sostegno al reddito da applicarsi durante i periodi di lavoro agile

Il Coronavirus ha introdotto in un sistema ingessato come quello della pubblica amministrazione importanti novità lavorative. Lo smart working, seppure applicato in fase emergenziale e con una serie di storture, è ormai una realtà che riguarderà i rapporti di lavoro degli statali anche nel post pandemia. Durante i lockdown dell’ultimo anno e mezzo, gli enti pubblici si sono mossi in ordine sparso: guardando ai ministeri, ad esempio, alcuni hanno continuato a erogare i buoni pasto ai propri dipendenti, altri no. Ecco perché si è resa necessaria una regolamentazione che faccia ordine nel settore. L’Aran, l’agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, sta portando avanti un negoziato relativo ai trattamenti accessori che dovranno essere corrisposti ai dipendenti in smart working.

L’incentivo per il lavoro agile

Si tratterebbe di un incentivo che serve a coprire le spese dei dipendenti che adottano modalità di lavoro agile: cibo, bollette di luce e gas, connessione internet e, forse, anche l’affitto di postazioni in spazi di coworking. Ma c’è un vincolo per l’ottenimento del bonus: l’indennità sarà corrisposta soltanto a quei lavoratori che raggiungeranno, da remoto, i risultati preindicati. Gli statali meno performanti, invece, resteranno a secco. Attualmente, in Italia ci sono 3,2 milioni di dipendenti della pubblica amministrazione, con un’età media di 50,7 anni. Solo il 3% di loro ha meno di 30 anni, e ciò rende più complicata l’adozione di modalità di lavoro sconosciute a chi non rientra tra i cosiddetti nativi digitali. Ad ogni modo, nei nuovi contratti per il pubblico impiego, dovrebbero essere previste due categorie di lavoratori: gli smart worker che opereranno in regime di orario fisso – e godranno degli stessi diritti dei lavoratori in presenza – e quella degli statali in lavoro agile che avranno come unico limite quello di rispettare una fascia oraria di operatività. Per questa seconda categoria, il trattamento accessorio potrà essere riscosso integralmente soltanto se la produttività attesa trovi riscontro nelle prestazioni del dipendente.

L’idea, che può sembrare vessatoria, in realtà nasce dal bisogno di stimolare gli statali che lavorano da casa affinché l’utenza – cittadini e imprese – riceva un servizio di qualità. E non sia penalizzata dal fatto che il proprio interlocutore si trovi a casa e non in ufficio. Il trattamento accessorio, tuttavia, dovrebbe essere di entità ridotta rispetto a chi si reca al lavoro in sede. E questo perché si terrebbe in considerazione il fatto che gli smart worker risparmiano sul lato dei trasporti. Ma quanti saranno i lavoratori agili della pubblica amministrazione che, superata la fase pandemica, resteranno in smart working? Secondo le stime dell’osservatorio del Politecnico di Milano, circa 700mila dipendenti. Per i quali, i sindacati, sono in stato di allerta. Il timore è che gli smart worker statali possano essere troppo penalizzati nel trattamento economico rispetto ai colleghi che lavorano in sede.

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