Reddito di cittadinanza, Draghi conferma la stretta nella riunione con i ministri: decalage già dal primo lavoro rifiutato
Nella mattina di oggi, 9 novembre, si è tenuta una riunione di circa 45 minuti a Palazzo Chigi sulla Manovra. Convocati da Mario Draghi, i ministri Andrea Orlando, Stefano Patuanelli e Renato Brunetta, insieme ai tecnici del ministero dell’Economia e al sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli. L’incontro si è reso necessario per consolidare gli ultimi dettagli della Manovra che, nelle prossime ore, sarà sottoposta all’esame dei parlamentari. Si partirà dal Senato, con tempi stretti per la presentazione degli emendamenti. Draghi vorrebbe scongiurare ritardi nell’approvazione definitiva della legge di Bilancio 2022 e, per questo, ha parlato con i tre ministri di uno degli argomenti più scivolosi per la tenuta politica della maggioranza: il reddito di cittadinanza. Confermato nell’incontro di oggi quanto deciso nell’ultimo Consiglio dei ministri, ovvero il decalage dopo il primo rifiuto di una proposta di lavoro congrua. Ovviamente, la riduzione del sussidio sarebbe applicabile solo ai percettori del reddito di cittadinanza che rientrano nella categoria degli occupabili. Nel corso del colloquio, è stata proposta anche la revisione dei requisiti di età per l’anticipo pensionistico con Opzione donna: si torna ai 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome, a differenza di quanto stabilito dalle ipotesi iniziali della Manovra 2022, che prevedeva un innalzamento dell’età a 60 anni.
Meloni: «Lo Stato prenda tre mesi di tempo prima di dare il sostegno»
A intervenire sul tema anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: «Sarebbe più serio se all’atto di richiesta del reddito di cittadinanza lo Stato si prenda tre mesi prima di dare il sostegno e in quei tre mesi faccia le proposte di lavoro. Se si rifiutano quelle proposte il reddito di cittadinanza non si eroga». E ha anche aggiunto: «Tutto questo dovrà avvenire solo dopo aver fatto le dovute verifiche che finora non sono state fatte adeguatamente: i 50 milioni di euro accertati finiti nelle tasche delle persone che non se lo meritavano sono una vera vergogna per lo Stato».
Comitato scientifico sul reddito di cittadinanza: «Portare il periodo di residenza minimo da 10 a cinque anni»
Tornando al reddito di cittadinanza, il ministro Orlando, in una conferenza stampa tenuta subito dopo lo scioglimento della riunione con Draghi, ha presentato il rapporto sul sussidio preparato dal comitato scientifico presieduto da Chiara Saraceno. «Il rapporto è la base da cui il parlamento può partire per riflessioni e ulteriori integrazioni», ha esordito. Dieci le proposte contenuto nel documento del comitato. La prima riguarda l’abbassamento del periodo minimi di residenza in Italia per accedere al sussidio. Oggi, «sono oggi necessari 10 anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi due continuativi. Questa previsione produce una discriminazione nei confronti dei cittadini stranieri, limitandone fortemente la possibilità di accedere alla misura. Un simile criterio fa dell’Italia il Paese in Europa con i requisiti di residenza più stringenti: 10 anni, infatti, non sono previsti in nessun altro Stato – inoltre, sottolinea il Comitato -, tale previsione non risulta rispettosa delle direttive europee in materia di accesso alle prestazioni assistenziali, poste a tutela anche degli italiani all’estero». La proposta del comitato è di dimezzare il requisito della residenza, passando a cinque anni minimi.
Abbassamento delle soglie economiche di partenza
La scala attuale del reddito di cittadinanza che assegna valore 0,4 agli adulti e 0,2 ai minori «penalizza, senza alcun motivo, le famiglie con minori e/o numerose», afferma il rapporto del comitato scientifico, proponendo di equiparare adulti e minori sul coefficiente di 0,4. In generale, il team guidato da Saraceno chiede di alzare il valore massimo del coefficiente a 2,8 – nel caso di componenti con disabilità a 2,9 – dall’attuale 2,1. La scala di equivalenza utilizzata oggi è «lo strumento che serve per determinare la soglia di accesso al reddito di cittadinanza e il suo importo, nei nuclei familiari di diversa composizione. La scala di equivalenza utilizzata attualmente non ha alcuna base nella letteratura scientifica e non viene impiegata in nessun altro Paese europeo. Questa scala, inoltre, penalizza, senza alcun motivo, le famiglie con minori e/o numerose, rispetto a quelle di piccole dimensioni e di soli adulti. Per il secondo componente la famiglia e successivi il coefficiente è infatti 0,4 per gli adulti e 0,2 per i minorenni». Anche la soglia di partenza dei nuclei con una sola persona andrebbe rivista, secondo il comitato, passando dai 6.000 euro attuali a 5.400 euro.
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